Filosofia in classe: insegnare a pensare, è possibile?

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“Il coraggio è quando ho paura e mi tremano le gambe, ma cammino lo stesso”

Ha risposto così Martina, cinque anni da poco, alla mia domanda in classe su cosa sia il coraggio. Martina non è riuscita a spiegarmi il termine coraggio in senso astratto, eppure lo conosce benissimo, a tal punto da rappresentarlo mentalmente e verbalmente attraverso un’azione e una sensazione a lei familiare. Mi sono chiesta spesso se fosse possibile parlare con i bambini di concetti astratti, come l’amicizia, la felicità, la paura, l’ingiustizia; mi sono chiesta anche quale fosse il modo migliore per aiutarli a pensare, a riconoscere i problemi e a trovare soluzioni, a sviluppare la capacità di riflessione.

Secondo Ester Galli, esperta del metodo educativo “Filosofia coi bambini” metodo fondato da Carlo Maria Cirino “spingere il bimbo anticipatamente verso un lavoro teoretico lo porta a disinnamorarsi del fare, dell’azione, della costruzione. Se, ad esempio, al bambino parliamo di amicizia, troveremo che egli ne possiede un profondo senso operativo. In altre parole, il bambino sa (intuisce) come funziona, come si usa quella parola. Egli lo impara (deduce) da ciò che lo circonda, ovvero dalle azioni e dalle parole degli adulti, o dei coetanei. È chiaro quindi che tanto più sarà circondato da amicizia, tanto più riuscirà lui stesso a maneggiarla, utilizzarla, parlarne, immaginarne. E questo vale per qualsiasi concetto l’adulto abbia in mente.”

E allora come si può ristabilire l’equilibrio tra conoscenze teoriche e vissuto concreto, in classe? Un lavoro che in primis deve fare l’adulto su di sé, per tenere a bada le proprie ambizioni. In classe i bambini devono giocare con le parole, ampliando il vocabolario, allenare l’attenzione, ma soprattutto dovrebbero essere guidati ad abbracciare con piacere lo spazio che separa le parole tra loro, la distanza che ne separa i significati. Lì nasce il dialogo, in quello spazio, frutto di settimane e settimane di lavoro.” spiega Galli. Ecco il ruolo importante che scopro nella filosofia portata tra i banchi di scuola e applicata ai bambini: un approccio metodologico che intende accendere il fuoco della curiosità, attraverso esperienze concrete. L’obiettivo è “imparare a pensare”, a sviluppare il senso critico, a potenziare gli strumenti logici e la capacità di ragionamento: diventare, insomma, adulti “capaci di cogliere le criticità della realtà, di affrontarle e superarle.

Ma come è possibile insegnare a pensare, senza correre il rischio di annoiare?
“Allenando fin da piccoli la capacità che ci distingue da qualunque altro essere vivente, a cui la natura, non a caso, ha lasciato uno spazio assai lungo per essere coltivata, dai 18 mesi ai 10 anni circa, l’immaginazione. Filosofia coi bambini si pone proprio il problema dell’immaginazione e della sua salvaguardia. Genitori, insegnanti, educatori dovrebbero sempre chiedersi se ciò che stanno proponendo ai bambini si prenda cura della loro immaginazione” osserva Galli, proseguendo poi: “Ogni giorno, ciascuno di noi, dovrebbe interrogarsi, porsi il problema. Se prima di fermare nostro figlio che gioca con il cucchiaio a tavola ci domandassimo in quale mondo fantastico si trova, forse non agiremmo diversamente? Se prima di accedere la televisione ci interrogassimo su come essa condizioni l’immaginario del bambino, la accenderemmo ugualmente? I bambini devono poter adoperare creativamente e a modo proprio l’ambiente circostante. Solo così potranno esercitare la loro capacità immaginativa, organizzare un vero spazio relazionale e fare di un bastone un cavallo!”

Immaginare e creare, percepire e giocare con le parole oltre che con gli oggetti: stimolare la creatività per allenare a “pensare”; partire dall’esperienza concreta, dal gioco, dalla fantasia per preparare il terreno alla capacità di riflessione, per tenere accesa la mente.
Come diceva C. Gustav Jung, psicanalista e antropologo : “Spesso crediamo che un bambino pensi in maniera molto semplice, ma proprio qui sta l’errore. Il linguaggio usato dai bambini è infinitamente più vecchio di loro”. Il lavoro maggiore che l’adulto dovrebbe fare è su se stesso, sulle proprie sovrastrutture.

Ha proprio ragione la piccola Martina: il coraggio è quando ti tremano le gambe, eppure tu decidi di proseguire a camminare!

  • annalisa sanguineti |

    Se ci pensiamo non ci sono migliori filosofi dei bambini.
    Chiedono il perche di tutto vanno a fondo nelle cose.
    Esiste qualche libro qualche progetto per l infanzia3/6 anni

  • Laura Fregonese |

    Sono d’accordo. Fare filosofia con i bambini significa ascoltarli e stimolarli con la domanda esplorativa mentre spiegano il loro mondo, danno senso a ciò che vedono, sentono. Non significa correggere o giudicare, piuttosto stimolare nessi e connessioni. Avvicinarsi ai concetti di causa/effetto, di tempo, come processo, indipendentemente dai contenuti, aiuta ad attribuire significati, a creare punti di riferimento che il bambino elaborera’ in base alle sue conoscenze, contenuti comprensibili e sostenibili per lui.

  • Silvestrina Miscera |

    Sono maestra per passione ! La mattina quando incontro i bambini li guardo negli occhi e cerco di capire come si sentono. Un abbraccio, un sorriso, una carezza servono per iniziare bene la giornata. Sono felici quando li ascoltiamo … quando hanno semplicemente un foglio dove disegnare, colorare , scrivere,, ritagliare liberamente! !!!
    per

  • Carlo Maria Cirino |

    Gentilissima, le consigliamo di prendere visione dei corsi sul nostro sito ufficiale: http://www.coibambini.com

  • Carlo Maria Cirino |

    È sufficiente scrivere alla Direzione di Filosofiacoibambini all’indirizzo filosofiacoibambini@gmail.com e richiedere un nostro intervento 🙂

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