Da San Francisco a Oakland: la #marciadelledonne non è più una questione femminile

Maya Farias, 7, of San Jose, with her father, Eddie Farias, cheers during the Women's March rally at Plaza de Cesar Chavez Park in downtown San Jose, Calif., Saturday, Jan. 21, 2017. (Patrick Tehan/Bay Area News Group)

San Francisco

E’ stato un sabato bagnato a San Francisco, ma la pioggia non ha fermato la Marcia delle Donne, che è diventata una marcia per i diritti umani e per il rispetto della diversità. Eravamo più di 50.000 a marciare sotto l’acqua. Donne, uomini, operai e imprenditori di successo come il fondatore di Salesforce, Marc Benioff o Barney Pell, fondatore del motore di ricerca Bing, con la figlia di un anno sotto l’ombrello. I genitori della classe di mia figlia si sono auto-organizzati per far sentire la loro voce a supporto del diritto delle donne, trovandosi la sera prima a fare cartelloni da portare alla marcia. E come loro, migliaia di altri genitori, che hanno marciato con i loro figli sotto la pioggia per insegnare loro che protestare non è solo un diritto, ma anche un dovere.

Protestors participate in the Women's March in Oakland, Calif. on Saturday, Jan, 21, 2017. (Ray Chavez/Bay Area News Group)

Oakland

A Oakland, dalla parte opposta della Baia di San Francisco, hanno marciato in 100.000. A Washington 500,000. Circa due volte e mezzo rispetto a coloro che hanno partecipato all’inaugurazione del nuovo presidente. Molti, come me, non avevamo mai veramente preso parte a una protesta negli Stati Uniti, perché, in fondo, nonostante viva in questo paese da molti anni, sono Italiana. Non mi sono mai sentita davvero partecipe delle battaglie combattute dagli Americani, e neppure mi sono sentita parte delle loro vittorie. Piuttosto mi sono sempre sentita una attiva osservatrice, come quando nel 2009 sono stata costretta a parcheggiare in mezzo alla strada a Berkeley, in California, per aspettare che migliaia di persone finissero di festeggiare la vittoria di Obama.

Washington

Washington

Questa volta, però, è stato diverso. Questa volta la Marcia delle Donne non mi è sembrata una battaglia degli Americani, ma di ogni donna, in ogni parte del mondo, come del resto hanno dimostrato le manifestazioni gemelle che sono state organizzate in tutto il mondo. Dopo che per anni abbiamo avuto la sensazione (o l’illusione?) che buona parte del mondo stesse andando nella direzione giusta, con una diminuzione del tasso di mortalità tra i bambini, un’innalzamento della vita media e una generale qualità della vita in constante miglioramento, due eventi politici ci hanno colpiti come secchi di ghiaccio: la Brexit e la vittoria di Trump (attenzione, non la vittoria del partito repubblicano, che sarebbe stata una semplice scelta politica). Immersi nella nostra bolla intellettuale ad occuparci dei cosidetti problemi del “Mondo Sviluppato”, non ci siamo accorti che certi sistemi di rappresentanza democratica hanno dei “bug”, come certi programmi informatici che sembra funzionino benissimo finché non si mettono a fare cose inaspettate. La ricca e liberale California non si è davvero accorta che certo populismo che a noi faceva sorridere, a molti faceva votare a supporto di certi principi contro cui l’America ha lottato per anni e contro cui economisti hanno scritto centinaia di papers. E la Marcia delle Donne sotto l’acqua ha molto simbolizzato per noi che viviamo in Silicon Valley la necessità di farci una bella doccia fredda, guardare le cose che non hanno funzionato e iniziare attivamente a lavorare per metterle a posto.