L’insostenibile leggerezza dell’imparare a perdere: come far diventare grandi i nostri figli attraverso sconfitte e delusioni

Lindsey Vonn ritornerà sulle piste da sci oggi, 14 gennaio, ad Altenmark: trentadue anni ed una carriera di successi alle spalle (ben 76 gare vinte in coppa del mondo ) ma anche di sconfitte e cadute, nel vero senso del termine. Dopo due legamenti rotti ai modiali di Scladming nel 2013, un’altra caduta un anno dopo in Val d’Isere e poi l’ennesima caduta lo scorso anno sui Pirenei. Vonn, però, non ha appeso gli sci al chiodo ma tornerà a gareggiare ‘sponsorizzata’ anche dal suo libro che ne racconta la storia: “La forza è la nuova bellezza”.

redNon è semplice digerire le sconfitte e rialzarsi dopo le cadute e forse la Vonn è un mostro sacro difficilmente imitabile. Tuttavia è un insegnamento fondamentale che ogni bambini dovrebbe imparare, per farne tesoro per il futuro. Tutti gli alibi che spesso, da genitori, garantiamo ai nostri figli, per evitare loro la frustrazione delle sconfitte, sono di fatto deleteri per la loro crescita. La frustrazione del perdere aiuta a crescere. Inutile insegnare loro quando imparano a camminare che cadendo si impara, se poi qualche anno dopo siamo pronti a giustificarli quando perdono la partita di pallone, fornendo alibi: “hai ragione, oggi non sei in forma, non ti hanno passato bene la palla, l’arbitro era scorretto”.

La stessa cosa la si finisce per replicare a scuola: “il professore in effetti è stato troppo esigente, quell’esercizio era impossibile, non si possono avere tutti questi compiti da fare”. Tanto più che noi madri sappiamo di poter contare sulla terapia di gruppo gratuita nei gruppi whatsapp mamme, sempre pronte a difendere i propri pupilli e ad ‘offendere’ chi li opprime con fatiche insormontabili.

Ma facciamo davvero il loro bene? Ci può aiutare su questo tema uno studio effettuato su bambini tra i quattro ed i cinque anni, pubblicato il mese scorso sul Journal of Experimental Child Psicology : “Success inhibits preschoolers’ ability to establish selective trust”. Ai bambini è stato chiesto di cercare degli oggetti precedentemente nascosti: ad alcuni sono state date istruzioni chiare per ritrovarli, altri invece non hanno ricevuto troppi aiuti e sono stati costretti a chiedere delle indicazioni, insomma a mettersi in gioco ed a trovare delle soluzioni. Alla fine ai bambini è stato chiesto quale degli adulti a supporto è stato il migliore: chi aveva a priori ricevuto indicazioni chiare non sapeva tra chi scegliere, mentre chi aveva dovuto chiedere aiuto perchè in difficoltà sapeva indicare con più sicurezza l’aiutante più efficace. Lo studio ha chiaramente dimostrato che darla sempre vinta al bambino non lo aiuta a crescere e a sperimentare, un pò di fatica e frustrazione lo rende decisamente più abile.

Sam Weinman, giornalista sportivo del Golf Digest, ha scritto un libro illuminante sull’argomento: “Win at Losing: How Our Biggest Setbacks Can Lead to Our Greatest Gains.”. L’immagine sulla copertina è autoesplicativa: una cannuccia colorata in un limone: le difficoltà non si digeriscono bene ma è bene imparare ad affrontarle con positività e magari con un pò di leggerezza.

samIntervistato dal Washington Post ha spiegato, raccontando di atleti e politici famosi che hanno affrontato le sconfitte alla stregua di trampolini di lancio, come si possa imparare dallo sconfitte e come sia una necessità educativa. Tutti i bambini crescendo si troveranno prima o poi ad affrontare inevitabilmente una sconfitta, nonostante i genitori li vogliano sempre vincenti, evitando loro delusioni e frustrazioni. Vincere è certamente più divertente, ma perdere ti aiuta a compredere dove hai sbagliato, è un ‘siero della verità’, come lo definisce l’autore. C’è anche l’altra faccia della medaglia, la ‘Why bother opinion’ come, la definisce Wienman, che può essere innata: perchè preoccuparsi, impegnarsi, se tanto si perderà? Quante volte l’abbiamo sentito dire ai nostri figli? Weinman suggerisce delle strategie per invertire questa rotta negativa, un pò vittimista e sicuramente perdente.
In primo luogo insegnare ai propri figli a perseguire degli obbiettivi personali e non generalizzati: cioè dare il meglio di sè stessi che per ognuno dei nostri figli sarà diverso.
In secondo luogo porre l’attenzione non tanto sul NON raggiungimento dell’obiettivo ma su cosa si è imparato nel cercare di raggiungerlo, cosa si è scoperto di nuovo, cosa si è guadagnato dall’esperienza. Inoltre è importante non sminuire il sentimento del bambino: “era solo un gioco, dai cosa vuoi che sia?” è un passo falso che si tende a fare spesso. Per nostro figlio sarà comunque l’evento del secolo, perchè non lasciargli questa convinzione e rafforzare quanto di positivo potrà imparare dalla sconfitta.

Per far diventare i nostri figli degli adulti consapevoli delle proprie forze, non sarà necessario che affrontino le ‘cadute’ della Vonn ma delle naturali delusioni che incontreranno nel loro cammino: dovranno solo imparare a saper perdere senza perdersi.