Siamo pieni di pregiudizi? Sì, ma ci servono per sopravvivere

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E’ più simpatica una neo mamma in carriera o un neo papà in carriera? Chi dei due riceve un giudizio più severo dai propri colleghi?

L’aula di formazione che ho condotto questa settimana presso una grande banca con 20 manager di entrambi i sessi ha dato una risposta senza appello. Avevamo diviso l’aula in due gruppi di lavoro, invitandoli a “inventare” una persona che corrispondesse a un profilo da noi assegnato, descrivendola minuziosamente e incaricando uno di loro di impersonarla. Nessuno dei due gruppi sapeva quale fosse il profilo assegnato all’altro.

baby-black-and-white-boy-40975Il gruppo A ha così inventato Gisella, neo-mamma in carriera (questo il profilo assegnato) di 36 anni, determinata e ambiziosa, che “conta sul marito” per la cura del neonato. Il gruppo B ha invece presentato Aldo, neo papà in carriera (anche questo un profilo assegnato da noi) di 38 anni: ugualmente ambizioso e determinato, anche lui si affida alla compagna per la cura del bimbo. A entrambi i gruppi è stato chiesto di commentare Gisella e Aldo: come li facevano sentire?

Per tutti Gisella era antipatica, trascurava una parte importante della sua vita, era troppo ambiziosa. Mentre Aldo era dolce, quasi femminile, empatico.  Eppure, se avessimo tolto i nomi, sarebbero stati praticamente identici. Tutto questo è avvenuto in una giornata in cui il tema era proprio l’inclusione, e per tutta la mattina si era parlato di stereotipi. Non stupisce quindi che Starbucks proprio questa settimana abbia chiuso 8.000 negozi negli Stati Uniti per un’intera giornata per mandare tutti i suoi dipendenti a scuola di “bias cognitivi”. L’episodio scatenante risale a qualche mese fa, quando un impiegato di un negozio di Filadelfia ha chiamato la polizia per mandar via due uomini di colore seduti a un tavolino. Ma è solo l’ultimo caso in ordine di tempo, ed evidentemente il danno reputazionale ed economico per la famosa catena di bar è tale da giustificare la formazione di 175.000 dipendenti.

I bias (pregiudizi) cognitivi sono strumenti che la mente umana usa in modo estremamente efficiente per “leggere” la realtà.

Servono per selezionare quali informazioni cogliere – non è umanamente possibile coglierle tutte – come ricordarle, come colmare lacune di significato, e infine consentono di prendere decisioni, agire, senza aver bisogno di analizzare tutte, ma proprio tutte, le possibilità.

I bias sono essenziali alla sopravvivenza umana: sono, per dirla con un esempio molto pratico, ciò che ci consente di riconoscere una sedia anche se quella sedia è la prima volta che la vediamo in vita nostra. Ma anche ciò che ci consente di sentirci abbastanza al sicuro da vivere la nostra vita senza domandarci continuamente se le intenzioni di chi ci circonda sono pacifiche. Sono efficienti proprio perché selezionano, semplificano, e “imbrogliano” (modificano le informazioni sia nella fase di raccolta che in quella di memorizzazione) per consentirci di continuare a interpretare la realtà in un modo adeguato alla storia complessiva che ci raccontiamo sul mondo. Sono quasi perfetti anche nella loro capacità di rafforzarsi, cercando continuamente informazioni che li confermino invece di metterli in discussione.

Senza, saremmo sopraffatti dalla complessità, dalla quantità di informazioni, dall’impossibilità di comprendere la realtà e di decidere.

Quindi i training sui bias, come quelli che nella stessa settimana hanno fatto 175.000 persone di Starbucks e i miei 20 manager bancari, non servono per “togliere” i bias, ma per imparare a conoscerli e – se e quando serve, perché non serve sempre – riconoscerli.

Serve riconoscerli quando lo schema della realtà che ci presentano, invece di semplificarla e renderla comprensibile, la falsa, privandoci di informazioni importanti e portandoci ad agire nella direzione sbagliata. Come tutto ciò che nasce nella mente umana, i bias possono essere “aggiornati” attraverso una presa di consapevolezza, uno sguardo più attento, ma soprattutto tanta motivazione (perché aggiornarli costa uno sforzo in più). Il risultato paga: la realtà inquadrata con lenti più moderne si rivela più ricca, quasi più ampia, e fluisce meglio. Fino al prossimo aggiornamento.