Governo, da dove si dovrebbe ripartire?

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Il bandolo della matassa si fatica a trovare e gli italiani seguono gli aggiornamenti dal Quirinale minuto per minuto per vedere una schiarita. Leggere quanto sta succedendo è difficile anche per i commentatori politici più esperti e per chi sta seguendo da vicino le mosse dei protagonisti. Una situazione in divenire, che desta l’interesse anche degli Stati e della stampa estera. Bill Emmott sul Financial Times due giorni fa scriveva “Driving Italy out of the euro makes no sense at all” (un titolo che la dice già lunga sulle argomentazioni), mentre Le Monde ci ricorda: “Près de trois mois sans gouvernement en Italie : un record depuis 1992“. Sorvoliamo sui tedeschi, invece, dopo le parole del commissario al bilancio Günther Oettinger, che certo non hanno creato un clima disteso fra i due Paesi.

Eppure anche a leggerci da fuori non è che si veda molto più chiaro. Si può provare, allora, la chiave di lettura usata dall’americano Pew Research Center, che parte generalmente dai numeri. In questo caso da un sondaggio fatto alla fine dello scorso anno, prima delle elezioni, in Italia. Quattro i punti su cui si sono focalizzati.

  1. pew-research-centerPoche le sovrapposizioni fra chi ha votato Lega e chi ha votato Cinque Stelle: solo il 13% degli italiani, secondo il sondaggio, avrebbe un’opinione positiva allo stesso tempo sui due partiti. Al contrario, invece, il 46% degli italiani non avrebbe un’opinione positiva di nessuno dei due partiti. Inoltre, secondo l’analisi di Pew Research, la base elettiva di Lega e del M5S sarebbero differenti per caratteristiche: chi è vicino al partito di Matteo Salvini ha un livello di educazione inferiore a chi vota il Movimento ed è prevalentemente donna. A questo il sondaggio aggiunge che il Nord Italia è della Lega e il Sud del M5S. Ma già nei giorni successivi alle elezioni un’analisi più approfondita del voto ci ha restituito una fotografia ben meno semplificata di quella del centro americano, come era stato descritto da Infodata nell’articolo “Le quattro fotografie dell’Italia uscita dal voto. Cosa abbiamo imparato“.
  2. pew2Diversa visione del problema immigrati. Circa tre quarti degli italiani, che si identificano nelle istanze della Lega, pensano che gli immigrati siano un fardello per l’economia del nostro Paese perché “tolgono lavoro agli italiani”. Inoltre sette leghisti su dieci credono che gli immigati aumentino il rischio di attentati terroristici in Italia. Le posizioni all’interno del M5S sarebbero più composite: 49% la pensa come i leghisti, mentre il 40% crede che gli immigrati servano a rafforzare l’economia del Paese. In realtà anche in questo caso il centro americano fa delle semplificazioni grossolane. Basti pensare che nel contratto per il governo di Salvini e Di Maio l’accordo si era trovato ed era esplicitato nel capitolo 13esimo.
  3. pew3Comunione di vedute nell’opposizione all’Unione Europea. Su questo le basi elettorali dei due partiti sarebbero d’accordo; in entrambi i casi tre su quattro votanti crede che diversi poteri ora in capo all’Ue dovrebbero tornare ai governi nazionali. Oltre il 60% poi pensa che l’Unione Europea sia stata negativa per l’economia del nostro Paese.
  4. pew4Accordo su “reddito di cittadinanza” e flat tax. I voti a Lega e M5S sono arrivati da una base elettorale convinta che lo Stato debba fornire ai propri cittadini un standard di vita decente. In un caso attraverso un assegno mensile di base, nell’altro con un taglio orizzontale delle aliquote di tassazione.

A conti fatti, una chiave di lettura davvero troppo semplificata per capire quello che sta succedendo in Italia. Quando forse sarebbe stato più opportuno partire da dati dell’economia reale dell’ultimo decennio per avere un quadro un po’ meno naif. Perché diciamocelo quello che sta succedendo non prescinde da un mondo del lavoro sempre più flessibile e quindi più precario; da una generazione di 30-40enni qualificati che si trovano a fare lavori alternativi pur di sbarcare il lunario; da un welfare che si basa ancora troppo sulle famiglie in un contesto in cui la pensione arriva sempre più tardi e i nonni non riescono più a fare da cuscinetto con i nipoti; da un sistema scolastico che fatica a rispondere alle nuove richieste professionali del mondo del lavoro; da un’occupazione femminile inchiodata ben sotto il 50%.

La lista sarebbe davvero lunga e certo le questioni economiche non possono, da sole, spiegare i cambiamenti politici italiani. Ma certo non possono essere messi da parte. Non solo dai commentatori esteri, ma anche e soprattutto da chi alla fine darà finalmente un governo all’Italia. Che non ha più tempo di aspettare.

  • Monica D'Ascenzo |

    Gentile Anna Maria, i temi da lei menzionati sono complessi e variegati. Esiste certamente una crisi di leadership, almeno nel senso in cui l’abbiamo intesa fino a qualche tempo fa. In politica, come in altri settori, si sta ridefinendo e sta cambiando profondamente il modello e il ruolo dei leader e in un momento di transizione non si ha ancora un modello “maturo”.
    Innegabile poi l’incertezza e lo sconforto in cui molti italiani si trovano a vivere, come lei ricordava. La disoccupazione giovanile è un tema che va affrontato quanto prima, dal momento che in Italia abbiamo già una generazione di 30-40enni che si autodefinisce persa. Un valore che manca in questo momento al Paese e va assolutamente recuperato per dare un futuro all’Italia.
    Debito, riforme e rilancio dell’economia sono certamente temi che non potranno essere ignorati dai prossimi governi. Non siamo delle monadi che possono vivere incominciando ora da zero e abbiamo un pregresso, come Paese, che dobbiamo onorare. La sovranità italiana si esercita anche nell’essere credibili nei confronti di doloro a cui abbiamo chiesto credito. Non esistono formule magiche. In questo momento è necessario innazitutto un grande senso di responsabilità. Non solo da parte dei politici che ci rappresentano, ma anche di ognuno di noi nel suo piccolo. I politici, molto spesso, sono lo specchio del Paese, non “alieni” che vengono da un altro mondo a comandare gli italiani. La sfida è riuscire a produrre una classe dirigente all’altezza delle nostre attese.
    Grazie ancora per il tempo che ci ha dedicato e per gli spunti. Lavoreremo inq uesta direzione.

  • anna maria velli |

    la crisi che stiamo vivendo in Italia è senz’altro provocata da diversi fattori, credo però alcuni siano predominanti: assenza di ideologie politiche e di personalità politiche carismatiche e convincenti in grado di confortare lo stato di profonda incertezza e sconforto in cui si trova a vivere la maggior parte degli italiani; tale stato è a sua volta provocato dalla martellante ossessione del deficit, spread, debito, al quale è stata sottoposta la popolazione, avvalorato dalla perdita progressiva di benessere, nella stragrande maggioranza dei casi non in grado di capire le difficili dinamiche economiche e finanziarie. Tanta la rabbia crescente dei cittadini che si sentono traditi da politici che non hanno saputo evitare l’accumularsi di un debito così devastante e che ora ci costringono a pagare con la nostra vita e quella dei nostri figli i loro cinici interessi: la legge Fornero è stata una delle peggiori espressioni della mancanza di equità democratica, se invece di spezzare il rapporto politica / cittadini con la diabolica soluzione fornero si fosse tentata una soluzione più democratica, dove tutti vengono chiamati a contribuire, sicuramente il populismo non avrebbe guadagnato tanto favore. Ma nessun politico, meno che mai Renzi legato alla lobby delle banche e convinto di avere a che fare con un popolo di babbei, ha saputo o avuto il coraggio di affrontare il vero motivo della crisi partendo da riforme eque.

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