Obiezione Respinta: il progetto web che mappa l’obiezione di coscienza in Italia

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La legge 194 che in Italia ha legalizzato l’aborto sta per compiere 40 anni. Entrata in vigore il 22 maggio del 1978 ha legalizzato, sulla carta, il diritto per le donne all’interruzione volontaria di gravidanza. A quattro decadi di distanza dall’emanazione, in Italia il numero degli aborti è diminuito, ma il riconoscimento della maternità come scelta libera e autonoma richiede ancora lotte e battaglie costanti.

Perché nel nostro Paese decidere di interrompere una gravidanza si rivela sempre più difficile. Un vero e proprio percorso ad ostacoli. Tra i tanti elementi che proibiscono alle donne di praticare scelte di libertà in tema di aborto, l’obiezione di coscienza nelle strutture sanitarie grava come un macigno contribuendo a rendere inefficace la legge. L’articolo 9 che dà la possibilità ai medici di non prendere parte alle procedure e agli interventi che portano all’interruzione di gravidanza (IVG) si è trasformato in regola. Sono i dati a confermarlo. Quelli del 2016 contenuti nella Relazione sull’attuazione della legge 194/78 diffusi all’inizio del 2018 dal Ministero della Salute. Il 70,9% dei medici è obiettore di coscienza. Una percentuale altissima in continuo aumento. Una sorta di boicottaggio neanche tanto velato, una delle più forti discriminazioni del servizio sanitario italiano nei confronti delle donne.

L’obiezione, spesso usata impropriamente si estende oltre gli ospedali e viene applicata anche alla contraccezione d’emergenza con mancate prescrizioni o con farmacisti che si rifiutano di vendere la pillola del giorno dopo. Per mappare questi luoghi che impediscono alle donne la propria autodeterminazione sessuale e riproduttiva è sceso in campo il progetto web nazionale “Obiezione Respinta” che monitora l’obiezione di coscienza in Italia, ideato un anno fa da un collettivo femminista di Pisa costituito da un gruppo di studentesse precarie e fuori sede: «Ci siamo rese conto di quanto fossero e siano inadeguati i servizi sanitari per le donne. Mancava un luogo che potesse fornire indicazioni pratiche sugli orari dei consultori, sulla presenza o meno di obiettori, l’elenco delle farmacie in cui trovare la pillola del giorno dopo o gli ospedali in cui poter interrompere la gravidanza» spiega Eleonora Mizzuto, una delle attiviste di Obiezione Respinta. Nasce così l’idea di creare una mappa online, lanciata l’8 marzo dell’anno scorso in concomitanza con lo sciopero globale delle donne, per raccogliere le segnalazioni e trasferirle sulla cartina virtuale. La mappa è molto semplice e intuitiva.

Disseminata di segnalini (pin), ha la funzione “Cerca” per trovare subito la propria città. I simboli diversi indicano il tipo di servizio (farmacie, consultori, ospedali), i colori invece dicono se nei luoghi monitorati sia esercitata o meno l’obiezione di coscienza. Il rosso è per le esperienze negative, il verde serve a indicare dove trovare aiuto. Il viola indica invece dove poter andare in una situazione d’emergenza come ad esempio un centro antiviolenza. Basta cliccare sul segnalino per avere ulteriori informazioni sul servizio offerto dai punti mappati. Le esperienze delle donne arrivano tramite i social: Facebook e Twitter, ma possono essere inviate anche via mail.

Le testimonianze raccolte sono tantissime e arrivano da tutte le parti d’Italia. Leggendo i post della pagina Facebook in cui le donne (è garantito l’anonimato) raccontano la loro esperienza si percepisce tutta l’ingiustizia che ancora gravita intorno alla scelta di interrompere una gravidanza. La paura, il disagio, l’alone fitto del pregiudizio, lo stigma e la solitudine che attanagliano le donne. Un mancato riconoscimento della libertà di scelta che è una vera e propria violenza.

«Obiezione Respinta – dice Mizzuto – cerca di offrire uno spazio digitale utile di mutuo aiuto e sostegno alle donne perché non si debbano più sentire a disagio o ghettizzate per le decisioni prese». Nonostante non manchino gli attacchi degli antiabortisti, la pagina ha dato vita a una community coesa in cui fanno parte anche medici, ostetriche, avvocati e avvocate che hanno preso a cuore un progetto che porta avanti un continuo lavoro di inchiesta.

Se la percentuale altissima di medici obiettori negli ospedali è uno dei problemi principali per quanto riguarda l’autodeterminazione femminile, si aggiungono in Italia altri risvolti che concorrono nel privare le donne dei loro diritti riproduttivi. Le difficoltà nel poter scegliere l’aborto farmacologico con la pillola Ru 486, metodo meno invasivo rispetto all’intervento. In Italia è possibile effettuarlo entro la settima settimana. La relazione ministeriale dice che è praticato solo nel 15,7 % dei casi.

Per la contraccezione d’emergenza è invece emerso un dato che sfugge alle statistiche. Le attiviste hanno constatato che alcune farmacie applicano illegalmente l’obiezione di coscienza. «Lo fanno senza dichiararlo apertamente perché sanno di poter essere sanzionate – spiega Mizzuto – La scusa più usata è dire che il farmaco è esaurito. Per verificare, gruppi di donne della rete femminista Non una di Meno che collabora con Obiezione Respinta, si sono recati periodicamente nelle farmacie che davano questo tipo di risposta e puntualmente la pillola non era mai disponibile. Abbiamo fatto delle ricerche incrociate e abbiamo scoperto in questo modo che quelle farmacie erano antiabortiste».

C’è poi il problema dei consultori. La razionalizzazione della rete ospedaliera, che ha colpito anche i reparti di ginecologia, non li sta risparmiando. Sono sempre meno. Altro dato verificato da Obiezione Respinta è l’esistenza di consultori pro-life che si occupano dichiaratamente di seguire esclusivamente le gravidanze rifiutando di fornire aiuto in caso di aborto.

A complicare il quadro, la contraccezione che in Italia non è gratuita. Profilattici e pillole sono infatti a pagamento.
Altro diritto disatteso, quello che riguarda la procreazione responsabile e che fa dell’Italia uno dei paesi più arretrati a livello europeo in questo campo.
Obiezione Respinta cerca di lottare perché le cose cambino. Combatte per tutte le donne che non si arrendono e rivendicano la libertà di scegliere sui loro corpi.
«Adesso abbiamo attivato un numero attivo 24h (3319634889) in caso di emergenza per offrire un contatto ancora più diretto» dice Mizzuto. Le volontarie rispondono ai dubbi, alle domande, indicano i centri dove trovare aiuto e offrono conforto se c’è paura o panico.
«Per incrementare il nostro supporto, chiediamo ai centri che aiutano le donne di scriverci per segnalare la loro presenza sul territorio». È l’appello di queste attiviste che si battono per tutte le donne.