Juventus Women: le sfide per essere calciatrici oggi in Italia

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E’ dilettantistico, a qualsiasi livello, anche se, negli ultimi anni, le calciatrici tesserate sono aumentate dell’88 per cento. Lo stipendio è un esiguo rimborso spese senza contributi. Il massimo compenso annuo consentito dal regolamento è di circa 26mila euro lordi, ed è un privilegio per pochissime giocatrici (tanto per dare un parametro: i giocatori più pagati della serie A volano a 7milioni). I numeri del calcio femminile segnano una distanza siderale da quelli del calcio maschile. Eppure professionalità, rigore, impegno degli allenamenti non hanno nulla di hobbistico.

Mattia Barro è andato per IL, il Maschile del Sole24Ore a Vinovo, Torino, per conoscere da vicino le giocatrici della Juventus femminile e per seguire un allenamento con Rita Guarino, ct della Juventus Women. Per Alley Oop ha raccolto qualche testimonianza inedita.

La prima a raccontare come ha iniziato è Cecilia Salvai:

“Ricordo le corse di mio padre, finito lavoro, per portarmi all’allenamento e aspettarmi due ore perché finissi. Se ci penso, non smetterò mai di ringraziare abbastanza i miei genitori. Il fatto che io studi e faccia, contemporaneamente, l’università è per crearmi qualcosa al di fuori. Attualmente il nostro calcio non ti dà qualcosa per un ‘dopo’. Non è come quello professionista. Eppure c’è tanto impegno, sacrificio e voglia di imparare”.

Le fa eco Lisa Boattin:

“Una ragazza solitamente non gioca a calcio. Molte famiglie ostacolano questa carriera, vogliono che la bimba faccia danza o pallavolo. Ma il calcio è uno sport; e io penso che sia per uomini esattamente come per le donne”.

Vale per l’Italia e vale ancor più in altri Paesi (per esempio, la federazione calcistica norvegese ha da poco equiparato gli stipendi della nazionale maschile e femminile: un passo davvero inedito, quasi rivoluzionario).

Così racconta la centrocampista norvegese della Juventus Ingvild Isaksen:

“Sento che ora c’è più possibilità per le giovani donne che vogliono giocare. Io sono venuta in Italia per fare una nuova esperienza in un nuovo Paese, con un’altra lingua, un altro modo di giocare a pallone. Questa voglia di conoscere è stata la spinta.

I social media ci stanno aiutando molto. Danno nuovi accessi e più visibilità, oltre ad un confronto diretto tra le atlete. Sono contenta se posso aiutare o ispirare una giovane giocatrice che mi scrive sui social per confrontarsi con me, penso sia una nuova possibilità, molto utile”.

E’ ancora Cecilia Salvai a concludere: “Per esperienza personale, un’allenatrice donna pensa maggiormente alla reazione della sua calciatrice, alla sfera psicologica, mentre un allenatore uomo è più istintivo. Questo probabilmente deriva dal fatto che allenatrici donne hanno più esperienza con questo settore. Anche le giocatrici straniere sono un po’ più aperte mentalmente, a livello sportivo, ma non solo. Come se avessero un’intelligenza calcistica un gradino sopra di noi”. E sicuramente, almeno in Norvegia, un gradino sopra è l’attenzione all’equità salariale.