Avete talento? Ecco le città che cercano proprio voi

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Un talento va coltivato, va accresciuto, va coccolato e infine va saputo trattenere. Perché un talento, in ambito lavorativo, è merce preziosa: serve a far decollare un business, a far crescere l’economia. Lo sanno i Paesi e lo sanno le città, che in una realtà sempre più globale diventano i veri ombelichi del mondo. Le migliori città, quelle che crescono di più, quelle che si impongono sul palcoscenico internazionale, lo sanno bene, quanto sono importanti i talenti. E infatti fanno a gara ad attrarre i migliori. Vi sentite un talento? Ecco le città che fanno per voi.

Ogni anno la business school Insead, in collaborazione con Adecco e con Tata Communications, stila Il Global talent competitiveness index, la classifica della competitività dei Paesi e delle città nell’attarre i migliori talenti del mondo. Chi è salito sul podio dell’edizione 2018? Al primo posto c’è la svizzera Zurigo: secondo gli autori, nessuna città al mondo è più brava di lei a trattenere i talenti. Non faccio fatica a immaginarlo: ho qualche amico che lavora da quelle parti, e a parità di mansioni guadagna più del doppio di quanto prenderebbe in Italia.

La seconda migliore città al mondo è Stoccolma: pare, per la sua capacità di creare attorno ai talenti un ambiente fertile ed accogliente. Dal punto di vista normativo e dal punto di vista delle opportunità professionali. Per esempio, parecchie delle società della prestigiosa Forbes Global 2000 hanno una base nella capitale svedese. Eppoi sembrerà banale, ma oltre a garantire un’ottima qualità della vita, le “solite” socialdemocrazie sono anche le migliori calamite per i talenti lavorativi: Oslo, Copenaghen e Helsinki sono nell’ordine la terza, la quarta e la quinta città in classifica. L’America? Arriva solo al sesto posto, con Washington, seguita da San Francisco e dalla sua Silicon Valley all’ottavo.

Cosa hanno in comune, tutte queste città? Quattro fili rossi. Il primo è un sistema dell’istruzione all’avanguardia, che si modella attorno alle esigenze del tessuto produttivo e anzi ne anticipa i bisogni. Il secondo è la flessibilità del mondo del lavoro: anche in Scandinavia, sì. Non perché ci sono poche tutele, ma perché i contratti a disposizione dei lavoratori sono dei tipi più diversi, per andare incontro alle esigenze di orario di ciascuno. Il terzo filo rosso è il livello di welfare, che fa sentire le spalle protette a chi lavora. E il quarto, non meno importante, è la presenza di governi che aprono i confini, e non li chiudono, ai lavoratori che vengono dall’estero.

Come si piazza l’Italia, nella classifica dei talenti? Diciamo che non brilla: la prima delle nostre città fa capolino solo al 47esimo posto. A sorpresa, è Bologna: seguita da Roma al 50esimo posto e da Torino al 52esimo. Milano viene dopo, al 53esimo. Che dire: mi sarei aspettata che la locomotiva d’Italia, la città della moda, del design, della finanza performasse meglio. Forse gli autori della classifica non hanno tenuto conto dello Human technopole, delle università, delle startup, dell’effervescenza architettonica. Non vorrei peccare di campanilismo, ma sono piuttosto sicura che nella prossima edizione, Milano saprà conquistarsi un posto più in alto.

  • Francesco |

    Sarà forse per questo che l’EMA è sfuggita a Milano ed è andata a Stoccolma?

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