Women’s march, il risveglio politico non solo delle donne

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“The future is still female”

“My voice, my story, my body. Unite for hope”

“Time’s up”

“Girls just wanna have fundamental human rights”

Centinaia di cartelli su un cielo azzurrissimo, a simulare una primavera anticipata, nelle strade di New York, che hanno visto sfilare nel week end la Women’s march. Centinaia di cartelli colorati con i molteplici slogan a sostegno dei numerosi temi attorno a cui sta ancora prendendo forma il movimento. Donne di tutte le età, dalle bambine di pochi mesi alle ultra novantenni, incredule di dover ancora manifestare a difesa di diritti delle donne che pensavano ormai acquisiti da tempo. Etnie e background sociali mescolate sotto un mare di cappellini a prevalenza rosa. Ma anche un numero impressionante di uomini, bambini e adolescenti.

ny-march4Quest’anno sono scesa in piazza per capire, per respirare quei pensieri di donne e di uomini che cercano un nuovo equlibrio. Nel corteo di NY si respirava un’atmosfera di indignazione profonda e di consapevole determinazione, ma non di rabbia cieca o disperazione. Da europei, siamo stati colpiti dalla civiltà e dalla calma ed estrema organizzazione con cui si è svolto tutto. Il corteo è passato davanti all’hotel Trump sulla Central park west, dove i poliziotti erano appostati con un cordone all’ingresso a prevenire qualunque tipo si manifestazione violenta. Ma non c’è stata tensione. I manifestanti hanno gridato “vergogna, vergogna, vergogna” ripetutamente in direzione del grattacielo, ma tutto sempre con calma, con rispetto.

Di fondo, si percepiva che le persone impegnate nella marcia davvero credono di avere in loro potere gli strumenti per poter cambiare la situazione Sarà per questo che non si arriva alle esplosioni di rabbia? Sembra esserci, nonostante tutto, ancora una profonda fiducia nella potenzialità delle istituzioni. Tanto che il canto ricorrente durante il corteo era: “Tell me what democracy looks like!”, intonato da una persona, con il coro che rispondeva “THIS is what democracy looks like!”, gridato molto forte.

nymarch5Il 20 e 21 Gennaio 2018, a distanza di un anno preciso dalle prime manifestazioni, la Women’s March è tornata a riversarsi nelle strade e nelle piazze delle città statunitensi, anche questa volta con cortei pacifici e composti, nonostante il numero significativo dei partecipanti. Nata come movimento spontaneo nel 2017, quest’anno la Women’s March ha di nuovo avuto una partecipazione tale da poter confermare di non essere stata un semplice episodio isolato dettato soltanto dall’emotivitaàdel momento post insediamento presidenziale di Trump (emotività che sicuramente all’inizio c’è stata, per altro), ma di essersi evoluta e di essere maturata nel corso del 2017. Tanto da poter ambire ormai allo status di movimento.

Pur non essendoci ancora cifre ufficiali, si parla di 200,000 manifestanti a NY ( tweet di De Blasio del 20 Gennaio), di 600,000 a LA ( tweet del sindaco Garcetti del 20 Gennaio), di 300,000 a Chicago (secondo gli organizzatori). Nello stesso ordine di grandezza si annoverano Las Vegas e Washington. Centinaia di manifestazioni di minore entita’ hanno avuto luogo in svariate citta’ sparse negli stati uniti. Numeri che non si possono ignorare.

Le marce di questo tipo sono gli eventi che più attirano l’attenzione mediatica, ma in realtàl’organizzazione Women’s March ha operato instancabile tutto l’anno su molteplici fronti, sociali e politici a livello locale, statale e nazionale, dando voce ai temi rappresentati nei cortei di questi giorni: diversità, uguaglianza, diritti delle donne, diritti civili, ambiente, diritti degli immigrati, dei lavoratori, della comunità LGBT, DACA.

ny-marchUn movimento omogeneo e compatto. Tutt’altro ed èemerso dagli interventi degli speaker che hanno aperto i cortei. Da una parte un gruppo di attivisti sostiene la necessità di agire prevalentemente a livello sociale e politico per provocare il cambiamento, un altro gruppo invece sostiene l’importanza di focalizzare l’energia esclusivamente sulle votazioni che avranno luogo nell’autunno del 2018, per cambiare lo scenario politico esistente e così provocare il cambiamento. Poi c’è stato il capitolo di  #metoo, la campagna a cui in molti, presenti al corteo, hanno aderito nei mesi scorsi. Occasione, anche in questo caso, di condivisione di esperienze personali.

A prescindere dunque dai temi e dalla direzione che prevarranno in futuro all’interno della Women’s March, una conseguenza già evidente dell’iniziativa è stata la spinta alla presa di coscienza e alla conseguente partecipazione attiva alla politica a livello locale da parte di molte donne (e uomini) che prima non si erano mai interessati alla politica. Si eèegistrato un incremento di candidature femminili per le cariche comunali e statali, una maggiore partecipazione alle assemblee politiche, un incremento delle telefonate fatte ai propri rappresentati politici per esprimere il proprio dissenso.

Considerato lo scarso interesse per la politica e la bassissima affluenza alle urne che ha caratterizzato gli Stati Uniti negli ultimi 50 anni (ha votato solo il 56% degli aventi diritto nel 2016, secondo il Census Bureau), questo può già essere considerato un ottimo traguardo. Sul resto si continuerà a lavorare.