“I Giorni della Ricerca” di AIRC festeggiano venti anni con successi e nuove sfide alla cura del cancro

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Venti anni e non sentirli. Anzi, ripartire di slancio verso nuovi e importanti obiettivi per sconfiggere il cancro. Si chiude domenica 5 novembre la settimana de “I Giorni della Ricerca” di AIRC, iniziativa giunta al ventesimo anno per informare il pubblico sui progressi della ricerca oncologica e raccogliere nuove risorse da destinare al lavoro dei suoi circa 5.000 ricercatori. I risultati sono incoraggianti e ispirano fiducia verso un futuro libero dal male del secolo: tutto ciò è possibile, infatti, grazie a scienziati impegnati alacremente ogni giorno nei laboratori delle università, degli ospedali e delle istituzioni di ricerca in tutta Italia. Per questo non bisogna perdere tempo, perché si stima che nel 2030 il cancro sarà la principale causa di morte e saranno diagnosticati in tutto il mondo fino a 21,6 milioni di nuovi casi all’anno (Fonte World Cancer Research Day).

Tanti sono gli ambiti di applicazione della ricerca e vanno dagli sviluppi della medicina personalizzata all’immunoterapia per contrastare ed eliminare le cellule tumorali, senza dimenticare gli studi sulla carta d’identità genetica dei tumori che, suddividendo i pazienti in base alla capacità di rispondere a determinate terapie, puntano a sviluppare percorsi di cura più efficaci e tollerabili anche per lunghi periodi. Solo nell’ultimo anno AIRC ha erogato uno stanziamento di 102 milioni di euro per il finanziamento di 680 progetti di ricerca e programmi di formazione.

«AIRC è il motore principale della ricerca oncologica in Italia a fianco del Servizio Sanitario e del sistema universitario nazionale – ha sottolineato Pier Giuseppe Torrani, presidente AIRC e FIRC, nel corso della cerimonia di ricevimento al Palazzo del Quirinale, alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella avvenuta lo scorso 23 ottobre la nostra Associazione è partner indispensabile del sistema pubblico perché in oltre 50 anni di attività ha contribuito alla formazione di una vera e propria scuola di oncologia italiana, sostenendo una moltitudine di scienziati e di medici che hanno ottenuto progressi straordinari nella cura del cancro. Alimentiamo un circolo virtuoso che ogni anno consente di destinare alle istituzioni di ricerca pubbliche – ospedali, università, laboratori – ben il 75 per cento delle nostre erogazioni, rese possibili dalla generosità di milioni di cittadini. Siamo convinti che un Paese non può crescere se non cresce anche l’alfabetizzazione scientifica dei suoi cittadini»

La buona notizia è che proprio negli ultimi decenni i progressi della ricerca hanno consentito di comprendere sempre meglio la complessità del cancro, contribuendo a far diminuire costantemente la mortalità. In Italia, infatti, oggi si guarisce di più: il nostro Paese risulta in testa in Europa per le guarigioni. Non solo. I dati ci descrivono un quadro più confortante, dove la sopravvivenza a cinque anni è aumentata rispetto ai casi diagnosticati nel quinquennio precedente sia per gli uomini (54% vs 51%) che per le donne (63% vs 60%). Il lavoro dei ricercatori però non si può fermare, in quanto ancora molto resta da fare per alcune forme tumorali, come il tumore dell’ovaio, del pancreas e del polmone. (Fonte: I numeri del cancro in Italia, 2017 a cura di AIRTUM e AIOM).

Ed è proprio l’entusiasmo dei ricercatori l’altra “arma” vincente per vincere questa battaglia. Come nel caso di Miriam Colombo, 33 anni, che dal 2015 è a capo di un laboratorio di nanotecnologie presso l’Università di Milano Bicocca. Grazie ad AIRC studia le nano particelle per la diagnosi e il trattamento di diversi tipi di tumore (fra cui il cancro al seno). Il suo progetto è focalizzato in particolare sulla sintesi di nano particelle che siano in grado di selezionare e colpire selettivamente solo le cellule tumorali: «Con la nano medicina – spiega – si riscontrano enormi vantaggi: innanzitutto, la materia a questo livello possiede qualità che non possiede normalmente e le nano particelle possono essere utilizzate come vettori per trasportare farmaci ad un sito specifico, localizzando l’effetto terapeutico al bersaglio aumentandone la concentrazione al tumore o all’infiammazione in corso. In questo modo, si possono limitare la tossicità o, più in generale, gli effetti collaterali ben noti dei farmaci chemioterapici. Inoltre, avendo un background farmaceutico, con una laurea in chimiche e tecnologie farmaceutiche, mi interesso molto alle modalità di somministrazione alternative all’endovenosa. In alcuni casi, infatti, il paziente potrebbe godere di diversi vantaggi mediante una somministrazione orale o topica, ad esempio, con una crema».

La Colombo, oltre ad essere una brillante ricercatrice, è anche mamma di un bimbo di 4 anni e di uno di pochi mesi: «Grazie a questo finanziamento ottenuto da AIRC, rivolto ai giovani ricercatori – aggiunge – ho potuto creare un mio laboratorio per il quale ho assunto due giovani ricercatori, in collaborazione con altri due gruppi di ricerca, rispettivamente al San Raffaele e all’Ospedale Sacco di Milano. Ora siamo al terzo anno, ma non abbiamo finito. Sicuramente sottometterò ad AIRC un altro progetto perché noi ricercatori dobbiamo articolare una proposta completa, non solo illustrando l’obiettivo del nostro progetto, le fasi in cui si svilupperà, ma anche i costi che sarà necessario sostenere e le risorse umane da impiegare». E contribuisce con la sua esperienza a dimostrare che la buona ricerca non è solo quella condotta oltreconfine: «Io sono stata fortunata nel mio percorso, innanzitutto perché ho incontrato dei maestri che mi hanno valorizzato e fatto crescere –  prosegue – oggi sono ricercatrice di tipo B all’Università Bicocca di Milano e spero, nel giro di qualche anno, di diventare professore associato, non posso parlare di precarietà nel mio caso. All’inizio del mio percorso professionale mi sono fatta trascinare dalla passione per la ricerca e ho pensato meno al posto sicuro e all’aspetto remunerativo, senza, però, lavorare gratis. Ho fatto un’esperienza all’estero in cui mi sono trovata benissimo. A differenza di quanto accade a me in Italia in questo momento, dove ho fortunatamente un rapporto quotidiano con il mio docente e il mio gruppo di riferimento, quando ero all’estero in Germania, ciò non avveniva, se non con la presentazione di un report settimanale. Quindi, a volte – conclude – bisogna sfatare il mito della ricerca all’estero. Anche in Italia si fa e si può fare dell’ottima ricerca».

“I Giorni della Ricerca” di AIRC proseguono con la campagna RAI per AIRC, con una donazione al numero solidale 45510, e con I Cioccolatini della Ricerca distribuiti dai volontari sabato 4 novembre in oltre 900 piazze e dal 6 novembre nelle 1.900 filiali UBI Banca. Insieme ai cioccolatini verrà, inoltre, distribuita la Guida ‘La ricerca ci fa vivere’ con informazioni su prevenzione, diagnosi e cura del cancro e con la testimonianza della campionessa Margherita Granbassi, volontaria e ambasciatrice dell’Associazione.