Università di Torino: ridare voce alla storia degli invisibili

storia-lgbt

Accade che questa settimana, arrivi la notizia che presso l’Università degli Studi di Torino, stia per avvenire l’ennesima grande rivoluzione in tema di cultura lgbt: la nascita della prima cattedra di Storia dell’Omosessualità.

maya-de-leo3

Maya De Leo

Sarà tenuta dalla giovane docente Maya De Leo e, a leggere gli obiettivi formativi del primo anno di corso, si può subito capire come l’intenzione sia quella di raccontare i modelli culturali che hanno descritto e circoscritto l’omosessualità in epoca contemporanea, tra Europa e Stati Uniti.

Sia chiaro, non è sicuramente la prima volta che l’omosessualità diventa argomento accademico di un corso universitario, all’estero come in Italia (un nome su tutti, Michel Foucault e la sua Storia della Sessualità). Ma sicuramente è la prima volta che in Italia si dedica all’omosessualità una specifica cattedra. Una specifica cattedra che ogni anno racconterà la sua storia non come evento psico-sessuale, ma come evento storico-culturale dell’occidente e costitutivo dell’occidente stesso.

L’omosessualità, dotata di una propria storia, diventa parte della storia di tutti, con tutte le responsabilità che ne conseguono: questa è la grande rivoluzione. Una rivoluzione che non è passata inosservata a chi da sempre ne combatte qualunque riconoscimento che esca da una visione marginale e patologica di correzione: l’estrema destra (anche religiosa).

lgbt7

Accade infatti, ancora questa settimana, che ai cancelli di Torino, Forza Nuova attacchi uno striscione con su scritto “La storia è una cosa seria, l’omosessualità no!”. Con la doppia esse graficata come le SS naziste. Visti gli autori, ci sarebbe da domandarsi almeno a quale storia si riferiscano nella loro epigrafe. Quale, è una cosa seria? La loro storia? Quella dei vinti? Quella di chi ha devastato la vita di milioni di persone per annichilire qualunque diversità? Qualunque minaccia all’assolutismo di un modello di superiorità che non esisteva se non nella mente di un folle e di chi lo ha seguito? O forse ad essere seria è quella dei vincitori? La storia di chi proprio abbattendo quella follia, ha ricostruito (o cercato di ricostruire) un’Europa democratica in cui nessuna diversità dovrebbe più correre il rischio di essere eliminata per il solo fatto di esistere.

A quale storia si riferisce quello striscione? E’ importante saperlo perchè spesso sono proprio i più acerrimi oppositori, a restituire inconsapevolmente il valore di quello che accade. Comunque sia, almeno nella prima parte, quelli di Forza Nuova hanno ragione: la storia è una cosa seria. Serissima. Per noi europei, lo è quella dei vinti, che spiega cosa potrebbe riaccadere, e quella dei vincitori, che spiega perchè non deve riaccadere.

storia-lgbt3

Ma a ben guardare, oltre alla storia dei vinti e dei vincitori, ne esiste anche una terza, la storia degli invisibili (o visibili a condizione che), che purtroppo non ha una data precisa. Quella di chi per secoli non ha mai avuto la possibilità di raccontarsi e di essere raccontato, semplicemente perchè non avrebbe proprio dovuto esistere. Quella di tutte le persone attorno alle quali, ignoranza, potere, pregiudizio e violenza, si sono raggrumati fino a soffocarle, fino a fargli rinnegare se stesse. Drammaticamente ancora oggi.

Ecco perchè lo striscione di Forza Nuova ha ragione solo a metà, perchè l’omosessualità è una cosa seria, serissima. E lo è proprio in quanto storia degli invisibili o visibili a condizione che. L’unica storia in grado di farci capire come qualunque orrore, qualunque, accade proprio perchè, e quando, smettiamo di vedere le persone come persone. Quando le obblighiamo a diventare trasparenti, a nascondersi, per non pagare il prezzo di ciò che sono o non vorremmo che fossero.

photographs-of-gay-liberation-day-march-and-dance-1970-1

Se ci dimentichiamo questo, se ci dimentichiamo di quanto sia importante, fondamentale raccontare la storia degli invisibili può accadere di tutto. Perfino che per dileggiare una squadra avversaria, si usi oggi, nel 2017, l’immagine di una ragazzina ebrea, costretta a nascondersi in quanto ebrea, e finita nei campi di sterminio a 15 anni appena. E a dire, che tutto questo, in fondo, è soltanto una goliardata.