Degrado, occupazioni abusive, immigrazione in cima alla lista della prima prefetta di Milano

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Le occupazioni abusive, il degrado di alcune zone periferiche, la gestione dei migranti. Sono i temi che Luciana Lamorgese, prima prefetta donna di Milano, ha affrontato con particolare attenzione dal momento del suo insediamento a capo della prefettura del capoluogo lombardo avvenuto a febbraio scorso. Dopo gli attentati di Parigi di novembre 2015, racconta la prefetta, si inoltre è alzato il livello di allerta per la minaccia del terrorismo di matrice islamica. Maggiori controlli e più sicurezza che però, “non devono impedire alle città di vivere”. C’è poi il problema delle mafie: perché la criminalità, “è sicuramente attratta dal tessuto economico particolarmente evoluto della realtà lombarda, e in particolare di quella milanese. Le mafie – spiega la prefetta – di qualunque tipo siano cercano infatti di innestarsi su realtà sane che funzionano in cerca di eventuali vulnerabilità che permettano loro di radicarsi e proliferare”.

img_3350Lamorgese, potentina, sposata con due figli, è prefetta dal 2003. Il 14 febbraio scorso, giorno del suo insediamento a Palazzo Diotti, ai giornalisti che le hanno chiesto un commento sul suo essere la prima donna a capo della prefettura lombarda ha risposto: “Il tempo è delle donne, ma credo che la vera sfida, fuori dagli stereotipi, sia nel concentrarsi sul merito e sulle qualità che rendono prezioso il contributo di ciascuno al servizio della collettività”. Milano, racconta oggi Lamorgese commentando i primi mesi della sua attività, è “una metropoli molto dinamica e presenta tutti gli aspetti positivi e le criticità tipiche delle grandi città. Alcune situazioni hanno richiesto negli ultimi mesi molta attenzione, come le occupazioni abusive e il degrado di alcune zone periferiche, problemi che vengono affrontati grazie ad un forte e costante dialogo interistituzionale”. Anche “la gestione dei migranti è un tema che ha certamente richiesto molte energie. Ho incontrato i sindaci più volte, e con loro ho condiviso un protocollo che li rendesse partecipi nella distribuzione dei migranti, ed infatti, con il contributo dei sindaci, si intende realizzare un’accoglienza equilibrata, sostenibile e diffusa. L’unico metodo per affrontare i problemi, soprattutto quando assumono dimensioni di ampia ricaduta, è quello della sinergia interistituzionale”.

La minaccia di attentanti terroristici sul territorio italiano ha portato, inoltre a un innalzamento dei livelli di sicurezza. “A livello territoriale – spiega Lamorgese – viene costantemente verificata l’efficienza del dispositivo di sicurezza già predisposto e si richiama costantemente l’attenzione di tutti gli operatori sia per attività di prevenzione sia di controllo, specie in relazione ai luoghi che prevedono grande affluenza di pubblico. In linea con le direttive ministeriali, sono stati adottati tutti i necessari accorgimenti e controlli per garantire il sereno svolgimento delle diverse iniziative. Perché le città devono continuare a vivere e Milano ha già dimostrato di essere in grado di accogliere in sicurezza, anche eventi di grande portata”.

Milano di fronte ai problemi dell’immigrazione, della minaccia terroristica, del degrado. Ma anche di fronte a una criminalità organizzata che, sempre più imprenditrice, cerca i tessuti economici più ricchi. “Partendo dagli ambiti delinquenziali più tradizionali, rappresentati dall’estorsione, dal contrabbando, dal gioco d’azzardo e dal traffico di sostanze stupefacenti, la criminalità organizzata ha via via imparato a diversificare i propri interventi, investendo i capitali accumulati in attività produttive ed economiche (anche estere) e condizionando gli appalti pubblici. Si parla, infatti, di una ‘mafia imprenditrice’, sempre più capace di cogliere occasioni di guadagno, infiltrandosi in tutti i settori redditizi e attingendo anche a fondi pubblici”. Parallelamente all’evoluzione dell’operatività della criminalità organizzata anche il sistema di contrasto si è affinato nel tempo. “Oltre alle sanzioni irrogate dal giudice penale, che colpiscono la dimostrata appartenenza alle associazioni di tipo mafioso, e alle misure di prevenzione che non richiedono l’accertamento del compimento di un reato, ma solo di situazioni oggettive di pericolosità, di indizi di appartenenza ai sodalizi mafiosi, il legislatore ha previsto anche un terzo fronte di intervento, rappresentato – spiega Lamorgese – dalle certificazioni antimafia di competenza dell’autorità amministrativa, e quindi del prefetto. La creazione di tali strumenti di tutela preventiva avanzata nasce dalla considerazione che le forme di penetrazione della criminalità organizzata nelle attività economiche possono essere le più varie, per cui vi è la necessità di strumenti flessibili e tempestivi”.

In particolare “l’informativa prefettizia non deve provare l’intervenuta infiltrazione, ma deve solo dimostrare la sussistenza di elementi dai quali è deducibile un tentativo di ingerenza. Ciò è possibile solo grazie a una sinergica attività informativa a cura della DIA e delle forze dell’ordine”. In questo lavoro di squadra, “la collaborazione interistituzionale e la circolarità dei dati giocano un ruolo fondamentale nella sperimentazione di un’efficace attività informativa, concernente in particolare gli appalti, la filiera degli esecutori, la manodopera impiegata e il tracciamento dei flussi finanziari” . Oltre al fronte istituzionalmente previsto per legge, Lamorgese pensa, infine, “che sia compito della prefettura continuare a sensibilizzare su tali temi tutte le istituzioni e promuovere un’informazione sempre più diffusa, specialmente rivolta verso i giovani, sulle modalità di azione della criminalità organizzata”.

  • Claudio |

    Voglio vedere di false promesse ne abbiamo avute tante quindi una più una meno è uguale

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