Moda: le nuove sfide per gli stilisti di domani

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L’epoca dello stilista-star intorno a cui tutta l’azienda ruotava, pare ormai un lontano ricordo. Capricci, protagonismi, budget stellari? Puro anacronismo. Il mondo del fashion e del lusso sono profondamente cambiati nell’ultimo decennio. Oggi le sfide del mercato globale, il frenetico avvicendarsi di più collezioni in un anno solare, un pubblico sempre più articolato e meno fidelizzabile, la presenza di grandi investitori che controllano i brand, e la necessità di far fruttare velocemente e al meglio il prodotto creativo, hanno di fatto trasformato il rapporto tra chi “crea” e chi finanzia.

Questo spiega, almeno in parte, il balletto di famosi designer che hanno lasciato noti brand (come Marc Jacobs ex Louis Vuitton e John Galliano ex Dior), sostituiti da loro colleghi, magari più giovani, ma comunque affermati nel proprio settore sebbene meno noti al grande pubblico, che hanno saputo adeguarsi con successo (almeno per ora) alle aspettative e alle dinamiche aziendali (come Alessandro Michele da Gucci o Paul Surridge da Roberto Cavalli).

Quello che sta avvenendo non è però un semplice ricambio generazionale. A cambiare è infatti tutto il modo di affrontare, interpretare e vivere il sistema moda. Pensiamo, ad esempio, ai giovani fashion designer, quelli che stanno ancora studiando nelle scuole di moda, o che hanno già terminato la loro formazione e muovono i primi passi in un panorama davvero complesso e sfidante. Come possono proporsi e cogliere (o crearsi) opportunità di lavoro dove regnano molta fluidità e meno certezze? Sembra infatti che essere dei bravi creativi o degli abili tecnici non sia più sufficiente.

Il blog americano BOF The Business of Fashion, ad esempio, elenca le cinque competenze che oggi gli studenti di moda dovrebbero avere. Tra queste c’è la necessità di conoscere tutta la catena del valore (e non solo la parte più estetica), la capacità di emozionare i consumatori con qualcosa che li faccia sentire bene (la cosiddetta “economia dell’esperienza”), l’impegno sociale, etico e ambientale. Che può essere d’ispirazione a sua volta per i consumatori (pensiamo alla stilista inglese Stella McCartney che non impiega mai pelli e pellicce nelle sue creazioni: con il successo delle sue borse in eco-pelle ha contribuito a sensibilizzare tanti consumatori sui temi etici legati allo sfruttamento ed alla sofferenza degli animali).

Abbiamo chiesto a Barbara Toscano, direttrice della School of Fashion Istituto Marangoni di Milano, quali sono le competenze che insegnano ai loro studenti e, al primo posto, ci ha spiegato che c’è sicuramente la capacità di “avere una visione globale del processo creativo e delle varie fasi produttive e di delivery”. Ma è necessario anche “sapersi relazionare con gli altri, sviluppare l’empatia, lavorare in team, sviluppare doti di adattabilità e velocità, competenze di management, conoscenza del sistema moda e capacità di analisi dei dati, comunicazione e marketing, doti imprenditoriali e di leadership“.

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Armando Costa

Oltre a ciò, Istituto Marangoni ha presentato la scorsa settimana la prima edizione di I’M Alumni Collections Revolution: un progetto di mentoring mirato a promuovere e finanziare gli alumni più talentuosi nella realizzazione e presentazione della loro prima vera collezione. Un traguardo che è riuscito a raggiungere Armando Costa, ex alunno dell’Istituto Marangoni che si è diplomato nel 2006. Costa ha infatti presentato la sua collezione durante la recente Milano Fashion Week, con una sfilata, sostenuta e promossa da questo nuovo progetto di mentoring.

“Questa iniziativa – prosegue Toscano – è unica nel suo genere. Nata per spingere il progetto imprenditoriale degli alumni più dotati e meritevoli, parte dall’Italia ma è destinata ad avere un respiro internazionale (attualmente l’Istituto conta 7 sedi dislocate nel mondo, ndr)”.

Ma cos’è la moda per Armando Costa, che ha visto sfilare i suoi modelli sabato scorso a MIlano?  “Vedo la moda come l’unico strumento per me capace di trasformare in materia nobile e solare la materia stratificata e confusa dell’inconscio, come si trattasse di un procedimento alchemico. Ma questa materia per quanto nobile non apparirà necessariamente bella e ordinata; dovrà invece rispecchiare la realtà magmatica dell’anima”

Che cosa serve oggi come innovazione nel mondo della moda?
Per me la moda rientra nella dimensione del desiderio di essere altro e quindi distinguersi. L’importante adesso è vivere il presente. Con la moda si crea il futuro. L’innovazione oggi deve essere nei tessuti e nei materiali da plasmare che per una collezione rappresentano la pietra filosofale.

Qual è il suo role model?
Il concetto di role mode racchiude una responsabilità da cui tendo scappare. Parole chiavi come etica, pedagogia, spiritualità e provocazione costruiscono il mio ruolo – ruolo che si avvicina a quello del visionario in quanto bisogna essere empatici con tutto quello che succede intorno.

Basta l’Italia come orizzonte o è necessario aprirsi all’estero?
L’Italia rappresenta le mie radici (seppur tendo a sottolineare il mio coté francese) ma espandersi fa “parte del gioco”. Prossima tappa: Santo Domingo.

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