A scuola di italiano con Mohamed e Svetlana, Achmed e Francisca

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Penny Wirton è il protagonista di un romanzo dello scrittore Silvio d’Arzo, pubblicato postumo nel 1978. È un ragazzo, orfano di padre, che scappa di casa per sfuggire alla vergogna delle proprie umili origini e per cercare il proprio posto nel mondo. Non ha mai conosciuto suo padre, e vuole conquistarsi una sua dignità personale. Ai tanti Penny Wirton che ci sono nel mondo in questo delicato momento storico è dedicata la scuola di italiano fondata dallo scrittore Eraldo Affinati e da sua moglie Anna Luce Lenzi che ha a Roma il suo quartier generale, oltre a numerose sedi in tutta Italia, da Nord a Sud. In questa scuola gratuita, gli insegnanti sono volontari e lavorano uno ad uno con il proprio allievo o allieva (talvolta raccolti in piccoli gruppi omogenei) per permettergli di apprendere nel rispetto dei suoi tempi e delle sue potenzialità. I programmi, infatti, vengono personalizzati su misura del grado di conoscenza della lingua italiana e della scolarizzazione. Arrivano uomini e donne, ragazzi e ragazze di tutte le nazionalità e di ogni età. Alcuni lavorano, altri cercano lavoro. Certe mamme arrivano insieme ai loro bambini, superando la ritrosia e il pudore di chi parte da zero. Qualcun’altro, invece, frequenta per migliorare l’espressione e, quindi, l’inserimento, ma soprattutto nascono amicizie e relazioni e si abbattono le barriere della diffidenza.

Tra pochi giorni riprenderà la scuola: quali sono gli obiettivi per il nuovo anno scolastico alla Penny Wirton?

«Il primo obiettivo imprescindibile è il trasferimento nel nuovo spazio didattico romano che la Regione Lazio, attraverso Laziodisu (Ente per il diritto allo studio), ci ha promesso nell’ostello universitario di Casal Bartone: finché non ne disporremo, si spera entro settembre-ottobre, non potremo iniziare le lezioni. Abbiamo centinaia di studenti in attesa, immigrati di varia origine e statuto, dai minori non accompagnati ai richiedenti asilo politico, senza contare tutti i liceali italiani che, a partire dallo scorso anno, hanno fatto l’alternanza scuola-lavoro con noi e sono pronti a ricominciarla. Ma abbiamo anche decine di postazioni in ogni parte d’Italia, alcune delle quali non si sono fermate neppure d’estate, come ad esempio a Faenza, Ferrara e Limana».

Che ne pensa del clima che si respira in questi ultimi mesi, quando si parla di accoglienza a favore dei migranti?

«Molte reazioni negative nei confronti degli immigrati sono legate alla mancata conoscenza delle persone concrete. Io resto convinto che l’esperienza diretta dell’incontro con Mohamed e Svetlana, Achmed e Francisca, possa rappresentare per noi, italiani ed europei, la più grande occasione umana e culturale. Questo naturalmente senza illuderci che possano essere tutte rose e fiori. Al contrario, metterci in gioco nel rapporto uno a uno significa esporsi, rischiare, assumersi una responsabilità molto più impegnativa rispetto alla dimensione puramente giuridica. Lasciamo che i politici dettino le regole. Noi rimbocchiamoci le maniche ed entriamo in azione».

Quali sono i prossimi obiettivi che intendete raggiungere come scuola?

«Oltre allo spazio didattico stabile e permanente, vorremmo estendere la rete nazionale che ad oggi conta più di trenta sedi con migliaia di persone coinvolte. Finora non abbiamo avuto finanziamenti. Accettiamo solo donazioni. Il coinvolgimento dei ragazzi italiani per noi resta decisivo. Insieme a mia moglie, Anna Luce Lenzi, co-fondatrice e colonna portante della scuola, a Roma stiamo cercando giovani appassionati disposti a lavorare gratis ai quali consegnare il testimone: in prospettiva direi che questo è l’obiettivo più importante. Chiunque voglia mettersi in contatto con noi, deve soltanto consultare il sito www.scuolapennywirton.it».

Il 2018 sarà il quarantesimo anniversario del romanzo di Silvio d’Arzo cui vi siete ispirati per dare vita a questa scuola: state già pensando a come celebrare questa ricorrenza?

«Il prossimo anno sarà il settantenario dalla composizione del romanzo, avvenuta nel 1948, pubblicato per la prima volta da Einaudi nel 1978. Un bell’incrocio di anniversari, anche pensando che la nostra scuola compirà dieci anni dalla sua fondazione. Il 14 gennaio a Scandicci, nel quadro di una serie di incontri organizzati da Raffaele Palumbo e dedicati al ‘Libro della vita’, parlerò di Penny Wirton e sua madre raccontando ciò che questo testo ha rappresentato per noi. Poi vorremmo fare un incontro nazionale aperto a tutti gli interessati. Vedremo se sarà possibile».

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  • Teresa Bruno |

    progetto molto interessante

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