Quando il tuo capo è più giovane di te

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Nell’immaginario collettivo il capo è più anziano del collaboratore, ha i capelli grigi e una valigia piena di esperienza. Le realtà aziendali invece stanno cambiando. L’età media dei capi si è abbassata a tutti i livelli. E’ una nuova tendenza delle aziende ad avere manager più giovani rispetto al passato per una serie di ragioni, sia demografiche che organizzative.

Nonostante l’età media dei collaboratori sia aumentata a causa del progressivo invecchiamento della popolazione e dell’innalzamento dell’età pensionabile, una ricerca condotta sulle 2.500 più grandi società quotate dimostra che gli amministratori delegati negli Stati Uniti raggiungono il vertice con qualche anno di anticipo rispetto al passato. Nel 1995 l’età media di partenza di un amministratore delegato era 50,4 anni; nel 2001 è scesa a 48,8.

Un altro fenomeno che ha abbassato l’età media dei capi è l’economia digitale che ha visto, da una parte, un proliferare di startup tipicamente fondate da giovani e dall’altra accelerare la tendenza a premiare i giovani per le loro competenze digitali. E Mark Zuckerberg (nato nel 1984) è un Ceo Millennial così come molti altri appartenenti anche a settori diversi.

Anche in Italia questa tendenza sta diventando più evidente e, seppur senza valenza scientifica ma come Vox Populi, è stata confermata da un sondaggio su Twitter dove l’esperienza di avere un capo più giovane è stata confermata dal 40% delle persone che hanno risposto.

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La relazione capo-collaboratore è sempre una dinamica delicata che sta diventando più fluida rispetto al passato ma è ancora legata a un tema di età e di esperienza; un capo più senior fa sicuramente meno fatica ad accreditarsi rispetto ad uno più giovane. Viceversa è più semplice accettare un capo più anziano perché in qualche modo non ci si sente in ritardo con la propria carriera. Quando invece si ha un capo più giovane, il sentimento più comune è quello di aver perso un’opportunità di carriera e di essere in ritardo o nella migliore delle ipotesi si è indifferenti.

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Questi sentimenti possono essere più o meno accentuati a seconda della tipologia di organizzazione e di gap generazionale.

Prendiamo ad esempio il caso Facebook. Quando Mark Zuckerberg chiamò Sheryl Sandberg come Ceo di Facebook, i due instaurarono fin da subito una relazione la più trasparente possibile, che è il modo per stabilire un rapporto di fiducia tra due persone appartenenti a due generazioni diverse (quasi 15 anni di differenza).

Tuttavia i primi tempi non furono facili, come riportato in questa intervista di Oprah Winfrey a Sheryl Sandberg:

When I was interviewing with him, we were supposed to talk one night at 9, but when I called, he was at a dinner, so he said, “I’ll call you later.” I said, “Well, I’m going to go to sleep in about 30 minutes, so if you’re still out, we’ll talk tomorrow.” He called the next day and said, “Are you okay? Were you sick?” And I said, “No, I’m a mother — I go to bed at 9:30!” So I definitely had this fear that I was going to be too old for Facebook, that I wouldn’t understand what he was doing. It was scary.

Questo è un tipico esempio di pregiudizio ed è interessante notare la sensazione riportata di essere troppo grande per un’azienda come Facebook. Il consiglio che ci regala Sandberg è di costruire un rapporto sincero di feedback quotidiano e costante che è alla base di un rapporto professionale.

Un altro suggerimento è di lavorare sui pregiudizi che possono nascere sia dai giovani manager che dai collaboratori senior. I pregiudizi dei giovani sui senior è che con l’età diminuisce la produttività e la motivazione, viceversa i pregiudizi dei senior sui giovani è che non hanno abbastanza esperienza e capacità di ascolto.

In generale i pregiudizi portano a sottovalutare le risorse ed è uno spreco per l’organizzazione. Il dialogo, il confronto e l’allenamento a riconoscere i pregiudizi e smontarli sono gli strumenti più semplici ed efficaci da mettere in atto per una relazione efficace con un capo più giovane.