Le sindache alla prova delle minacce mafiose: il 10% degli atti intimidatori colpisce le donne

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Fate questa prova: andate su Google e scrivete: ‘sindache sotto tiro’. Cliccate, e Google vi suggerirà: “forse cercavi ‘sindaci sotto tiro’”. Al di là della mentalità ricorrente e della scarsa abitudine a declinare il nome sindaco al femminile, al di là, come ci ricorda Google, della preponderanza di sindaci maschi, e dunque di sindaci maschi sotto tiro, tuttavia il fenomeno delle intimidazioni mafiose contro le sindache e le amministratrici locali esiste. E ce lo dimostra anche l’ultimo rapporto di Avviso pubblico (l’associazione formata da Enti locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie) sugli amministratori sotto tiro. Attualmente si contano 1087 Comuni guidati da donne, cioè il 13,6% rispetto ai 7980 comuni sparsi nel Belpaese. Tra gli amministratori sotto tiro, secondo il sesto rapporto di Avviso pubblico che per la prima volta analizza anche la differenza di genere, il 10% sono donne.

DIETRO AI NUMERI CI SONO LE PERSONE, CON LE LORO STORIE. C’è la storia, fresca di cronaca, di Alice Bulgarello, sindaca di Polverara, un centro in provincia di Padova. A maggio scorso la sindaca è stata colpita dalla terza intimidazione nel giro di 12 mesi. Tra le minacce ricevute, quella di essere presa “a manganellate sulla schiena”, come ha riferito. C’è la vicenda di Siria Trezzi, sindaca di Cinisello Balsamo, nel milanese. Trezzi è stata minacciata attraverso i nuovi mezzi di comunicazione: dalle pagine di Facebook le è stato augurato di essere violentata dagli stessi migranti ai quali il Comune a deciso di dare ospitalità. Sempre per la vicenda migranti, minacce e insulti sono stati riservati anche a Mara Rubichi, vicesindaca di Cesano Boscone, e Monica Chittò, sindaca di Sesto, che si è vista recapitare una lettera anonima con minacce di morte. Come non ricordare, poi, la storia di Maria Carmela Lanzetta, prima sindaca di Monasterace, in provincia di Reggio Calabria, poi ministra del Governo Renzi da febbraio 2014 al gennaio 2015. Durante gli anni da sindaca nella Locride, Lanzetta ha ricevuto minacce e atti intimidatori di tutti i tipi: dalla farmacia di famiglia incendita ai colpi d’arma da fuoco contro l’automobile e contro la serranda del negozio, alle minacce anonime.

IN TUTTA ITALIA UNA MINACCIA OGNI 19 ORE, PER LE DONNE GLI STESSI METODI DEGLI UOMINI. Secondo gli ultimi dati di Avviso Pubblico, in genere, nel 2016, ogni 19 ore un amministratore locale, cioè un sindaco o un assessore o un consigliere, ha ricevuto minacce, violenza, atti intimidatori in genere. Le regioni coinvolte sono state 18, 77 le province e 295 i comuni. Nel giro di cinque anni, dal 2011 al 2016, la situazione è peggiorata e gli atti intimidatori, da 212 sono passati a a 454, cioè sono più che raddoppiati. Nei confronti di amministratrici minacciate vengono usati gli stessi metodi scelti per intimidire gli uomini uomini.

L’INCENDIO IL MEZZO PIU’ USATO. In un caso su tre (il 33%) il metodo usato è l’incendio, che sia di auto, case, uffici, è il metodo preferito dalla criminalità. Seguono lettere e messaggi minatori (13% dei casi), danneggiamenti di strutture o mezzi (11,5%), aggressioni fisiche (10%), minacce verbali o telefonate minatorie (7%), l’utilizzo di ordigni come bombe carta o molotov (6%), l’invio di lettere con proiettili (4%), le scritte sui muri, gli spari contro strutture, case o mezzi privati, l’invio di parti di animali morti. E poi arriva anche la tecnologia a dare un ‘volto moderno’ alla criminalità: i social network rappresentano un mezzo sempre più utilizzato da chi punta a intimidire.

LA CALABRIA GUIDA LA CLASSIFICA. La parte del leone per atti intimidatori, com’è immaginabile, la fanno il Sud e le Isole, con il 76% del totale. A livello regionale, il podio se lo guadagna la Calabria dove la ‘ndrangheta è sempre più forte e dove si registra un vero e proprio boom del fenomeno (+70% rispetto al 2015), ma si distingue anche una regione del Nord, l’Emilia Romagna, che registra un raddoppio dei casi. Dopo la Calabria, la medaglia d’argento di questa triste competizione, spetta alla Sicilia, con 86 casi censiti. Il terzo e quarto posto lo occupano la Campania (64) e la Puglia (51). Tra le altre regioni più colpite del Centro-Nord ci sono il Lazio, che guadagna il sesto posto con 21 casi, e la Lombardia, ottava con 18 casi. A livello provinciale il territorio più colpito è quello di Reggio Calabria, con 32 casi, seguito da Napoli (29), Cosenza (25), Salerno (21), Nuoro (18), Agrigento e Vibo Valentia (16).

SE LA COMUNITA’ PROVA A FARE DA SCUDO: IL CASO DI ALICE BULGARELLO. Tra tanti aspetti negativi, nel rapporto di Avviso Pubblico si intravede anche qualche spiraglio di luce. A volte le comunità locali e le forze politiche, infatti, hanno reagito immediatamente alle intimidazioni facendo da scudo e proteggendo l’amministratore sotto tiro. E’ accaduto proprio in uno dei comuni guidati da una sindaca, a Polverara, dove la comunità, ai primi atti di intimidazione, ha mostrato di reagire per proteggere la sua amministratrice Alice Bulgarello. Il 6 febbraio dell’anno scorso, ricorda il rapporto, Avviso pubblico ha organizzato una conferenza stampa alla quale hanno partecipato una ventina di sindaci del territorio. Il primo marzo 2016 si è svolto un incontro alla presenza del sottosegretario Giampiero Bocci, del prefetto, delle forze dell’ordine e dei sindaci della Saccisica. Non è servito ad arrestare le minacce, ripetute a maggio scorso, ma è pur sempre un inizio.

LA NUOVA LEGGE. Proprio nel giorno in cui Avviso pubblico diffondeva i dati sulle intimidazioni mafiose, la Camera ha approvato la proposta di legge Lo Moro che introduce nuove forme di tutela per gli amministratori locali. Il provvedimento, attraverso diverse modifiche al codice penale, recepisce le proposte della Commissione di inchiesta istituita dal Senato ad inizio legislatura e approvato dal Senato l’8 giugno 2016 in prima lettura. Il 22 giugno scorso la proposta, col via libera della Camera, è diventata legge.