C’era una volta la startup del MUBA. Oggi è un’impresa che vuole andare oltre Milano

colore_2_ph-elenavaldre%c2%a6u

Colore, la nuova mostra-gioco in programma al Muba di Milano

Ci sono conferenze stampa e conferenze stampa. In alcune vieni a conoscere notizie che davvero ti sorprendono e così è capitato a me qualche giorno fa, quando ho scoperto che il Muba, il Museo dei Bambini di Milano è una startup al femminile, da quest’anno “promossa” a impresa. In questi giorni, infatti, la fondazione Muba ha festeggiato i tre anni di vita nella sede della Rotonda della Besana e il primo bilancio in utile, quello del 2016, che ha registrato un fatturato di 1 milione 200mila euro. Dietro alla nascita di questo museo, pensato – ed è questa la novità -come un luogo dove bambini e ragazzi possono sperimentare, conoscere e imparare attraverso il gioco e l’esperienza diretta, c’è un gruppo di donne che ci lavora dal 1995.

mubaelenadondina_phelenavaldre06E’ stato un percorso lungo e complesso”, commenta Elena Dondina, presidente della Fondazione e cofondatrice. “Abbiamo raggiunto un traguardo importante, grazie al fatto che nel 2014 abbiamo trovato una sede permanente per i nostri progetti, ma per farcela abbiamo dovuto impegnarci non poco, anche finanziariamente”. Tre anni fa la Fondazione ha vinto il bando del comune di Milano che assegnava in concessione lo storico edificio milanese, per otto anni più sei, impegnandosi a pagare un affitto annuo di 93mila euro e a sostenere tutti i costi di gestione e di manutenzione ordinaria e straordinaria. “Ci siamo fatte avanti – racconta ancora Dondina – assumendoci un importante rischio di impresa, ma quella era l’occasione giusta per dare continuità a un progetto partito vent’anni prima, quello di creare un modello di cultura innovativa per l’infanzia con al centro l’esperienza diretta dei bambini”.

colore_5_ph-elenavaldre%c2%a6uTutto nasce da un viaggio negli Stati Uniti di una delle cofondatrici, Sabina Cantarelli, che scopre l’esistenza dei Children Museum e condivide il sogno di replicare questo modello di innovazione della cultura per l’infanzia con un gruppo di amiche, tutte milanesi. “Abbiamo messo le nostre competenze al servizio di questo progetto. E per diverso tempo ci siamo anche autofinanziate, se non avessimo avuto le nostre professioni e una certa solidità familiare, non saremmo riuscite a farcela”. I primi passi sono stati l’organizzazione di convegni e mostre in collaborazione con musei internazionali e partner come la Triennale di Milano, consolidando i rapporti con famiglie, scuole e territorio, ma sempre alla ricerca di una sede permanente, arrivata, appunto, tre anni fa.

colore_6_ph-elenavaldre%c2%a6uOggi i ricavi del museo arrivano sostanzialmente da tre canali: la biglietteria, i partner privati, l’affitto della sala per eventi, come le sfilate di Alberta Ferretti. Ventidue i lavoratori dipendenti, tra fondazione e cooperativa, poco più di 15mila gli ingressi al 21 marzo 2017, per un totale di quasi 200mila nel triennio. Tra i partner privati che hanno supportato l’iniziativa, la Fondazione Cariplo, che, attraverso un proprio bando vinto dal Muba, ha finanziato la fase di startup con 350mila euro. “L’auspicio – ha concluso Dondina – è che il Museo dei Bambini di Milano diventi un modello culturale e di impresa sostenibile da replicare anche in altre città. L’idea alla base è che i bambini non siano persone in divenire da tutelare, ma quelle che io chiamo “quote gialle” della società, che hanno diritti fondamentali per la loro crescita e il loro sviluppo culturale”.