L’ambizione sotto i 30 anni ci accomuna, cosa cambia poi?

ambition2“Voglio diventare partner del mio studio”. Laurea cum lode, bilingue, intership a Londra durante le estati dell’Univerisità. Un curriculum di tutto rispetto per Francesca, 26 anni, che già da due anni lavora in uno degli studi legali più importanti di Milano. E le sue ambizioni sono commisurate alle competenze che ha maturato finora. “Voglio guidare la divisione italiana di una multinazionale” le fa eco Luca, stessa età e cv simile. E per entrambi il programma di un master nel giro del prossimo biennio.

Nessuna sorpresa: le ambizioni degli under 30 sono le stesse, siano essi uomini o donne. Se hanno delle carte da giocarsi non si tirano indietro e puntano al massimo. Eppure il loro futuro non è detto che si giochi proprio alla pari. Un recente studio di Boston Consulting Group (BCG) su un panel di 200.000 dipendenti, di cui 141mila donne, condotto in 189 Paesi al mondo ha messo in evidenza come le ambizioni delle donne sia “stroncate” non dalla famiglia o dalla maternità, quanto invece dalle aziende stesse in cui cercano di far carriera.

Se, infatti, l’ambizione tra uomini e donne è pari sotto i 30, tra i 30 e i 40 anni inizia a crearsi il divario di ben 17 punti percentuali all’interno delle aziende giudicate meno “progressiste” in temi di gender diversity. Aziende in cui il 66% delle donne riceve promozioni contro l’83% degli uomini. Un divario che altrimenti non esiste: secondo la ricerca, infatti, nelle aziende sensibili alla diversity le donne promosse sono l’85% a fronte di un 87% degli uomini.

D’altra parte l’ambizione, come ogni altra attitudine, va nutrita perché sopravviva nel tempo e se trova continui ostacoli o non riconoscimenti alla fine si affievolirà. D’altra parte non è il primo studio che dimostra come le donne abbiano imparato ad avere ambizioni e ad alzare la mano, ma che pur facendosi avanti ottengono risultati minori degli uomini. Una ricerca della Cass Business School in collaborazione con l’University of Warwick e l’University of Wisconsin, Do women ask?, dimostra che le donne chiedono aumenti di stipendio tante volte quanto lo fanno gli uomini, ma che gli uomini hanno il 25% di probabilità in più di ottenerli.

Il World Economic Forum ha, per altro, avvisato che il cammino verso la parità sul lavoro fra i generi sta rallentando e che ci vorranno 170 anni perché sia raggiunta in termini di eguaglianza di salario e di partecipazione alla forza lavoro. Tutte cose che ci siamo sentiti dire di continuo nell’ultimo decennio, eppure le aziende faticano a fare passi in questa direzione se in Europa l’88% degli intervistati da McKinsey ritiene che la propria azienda non stia implementando le misure necessarie a migliorare la diversità di genere.

Coltivare l’ambizione dei propri dipendenti dovrebbe essere fra le priorità delle organizzazioni. Solo in questo modo si potranno trattenere i talenti e dar loro il giusto ambiente in cui crescere, per se stessi, ma soprattutto per l’organizzazione in cui si lavora. Le aziende si devono strutturare per questo, noi, nel nostro piccolo, possiamo alimentare le ambizioni di coloro con cui lavoriamo. Facendo la nostra parte perché il processo si metta in moto.

  • Tiziano |

    “coltivare l’ambizione dei propri dipendenti dovrebbe essere fra le priorità delle organizzazioni” … la laeggerei diversamente “far leva sull’ambizione per spremere al meglio i manager, in particolare nei lavori ”
    La mia esperienza personale in 40 anni di lavoro con responsabilità manageriali è… “ma ne vale la pena?!” Pensateci.

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