Bambini plusdotati: perché il talento non diventi un ostacolo

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“Ognuno è un genio. Ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi, lui passerà tutta la vita a credersi stupido”.  (A. Einstein)

Carla ha sei anni, è una bambina molto vivace, non sta mai seduta composta, per lei passare molte ore seduta è quasi impossibile. Carla è anche molto taciturna e le piace molto la matematica, dove ottiene risultati sorprendenti. Ha una memoria superiore alla media e riesce e risolvere operazioni a sei cifre, in pochissimo tempo. Carla è considerata diversa, sia dai compagni sia dalle insegnanti. Come verrà valutata Carla? Cosa guiderà il giudizio degli insegnanti: la sua vivacità e la difficoltà di gestirne la disciplina o le sue qualità? E il fatto che i compagni la considerino “diversa” che effetti avrà su di lei? Perché valutare adeguatamente Carla, una bambina che fa parte di quel 5% di studenti italiani che si definisce “ad alto potenziale cognitivo“, non è facile ed è una grande sfida per un insegnante.

La grande sfida che ogni insegnante si trova ad affrontare è quella di riconoscere la persona oltre l’alunno, capirne le potenzialità, comprenderne i bisogni, guardare oltre la valutazione strettamente didattica. Di solito, si tende a pensare a bisogni educativi speciali relativamente agli alunni con difficoltà o disturbi di apprendimento. In realtà, difficoltà analoghe si hanno anche in realtà meno conosciute e apparentemente di più facile gestione come quella degli alunni plusdotati, i bambini “gifted”. Sono bambini dotati di un alto potenziale intellettivo, e cognitivo (stimato attraverso strumenti diagnostici come la scala di WISC).

img_2733Ma questa capacità cognitiva superiore alla media è solo un dono per un bambino? Per bambini come Carla la strada è tutta in discesa? A quanto pare no. Maria Assunta Zanetti, direttrice del Laboratorio italiano di ricerca e intervento sullo sviluppo del potenziale dell’Università di Pavia spiega che “i bambini e i ragazzi ad alto potenziale, spesso, nei contesti scolastici ed educativi, non trovano le giuste risposte ai loro interessi e bisogni di conoscenza e allo stesso tempo, si trovano frequentemente a dover gestire situazioni di disagio emotivo e di esclusione da parte del gruppo dei pari”.

Un disagio ” che coinvolge anche le persone vicine”. La plusdotazione da valore aggiunto si può trasformare così in un rischio, se non riconosciuta, valorizzata e trattata adeguatamente sotto diversi punti di vista. E allora, invece che un “plus”, può portare nel bambino a maggiore vulnerabilità, sensazione di esclusione e diversità, noia, insuccessi, senso di inadeguatezza e, in molti casi, rifiuto e abbandono scolastico.
Spesso, infatti, i bambini “gifted” sviluppano dei comportamenti disturbanti, generati proprio da un’asincronia tra l’età anagrafica e lo sviluppo delle capacità intellettive. Possono sembrare distratti, disordinati, “sopra le righe”. Questo perché, spesso soffrono di un senso di “intrappolamento” in una classe o in un contesto di vita non sufficientemente stimolante.

16 Nov 2014, Beijing, China --- Cute baby doing mathematics on blackboard --- Image by © Blue Jean Images/Corbis

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Il tema della plusdotazione e del potenziale è più che mai attuale, considerato che le Direttive Europee e del nostro Ministero dell’Istruzione insistono molto sulla necessità di lavorare per creare le condizioni che possano accogliere e favorire al massimo lo sviluppo del nostro capitale umano, ma, di contro, il contesto italiano appare attualmente uno dei pochi rimasti, che ancora non dispone di programmi di ricerca e di intervento specifici.

“In Italia si tratta del 5% della popolazione scolastica – specifica la dottoressa Zanetti – e, data la mancanza di informazioni su questo tema, il Lab Talent dell’Università di Pavia ha effettuato la validazione italiana della GRS, Gifted Rating Schales, strumento prezioso per docenti ed educatori, pensato per la valutazione e il riconoscimento dell’alto potenziale, valida per bambini di scuola primaria e secondaria di primo grado”. Il laboratorio ha anche sottoscritto un accordo di rete (“La scuola educa al talento”) per offrire formazione e strumenti agli insegnanti ed educatori. “Le metodologie che sviluppiamo e consigliamo non sono certo pensate per promuovere la cultura del piccolo genio – dice ancora la dottoressa Zanetti – ma con il concreto obiettivo di fare in modo che la scuola dia a tutti i bambini la giusta opportunità di maturazione”.

Il bambino, quindi, è il centro del percorso di apprendimento, e si parte dal riconoscimento delle differenze come valore. Le metodologie di supporto comprendono percorsi di studio abbreviato, attività di livello avanzato, offerta educativa differenziata, attività extrascolastiche che consentano di sviluppare capacità in uno specifico settore. L’obiettivo è quello di conoscere e riconoscere le potenzialità e i talenti, per farli emergere, crescere ed esprimere, diventando una risorsa per ognuno e per il gruppo.

img_2735Gli alunni sono tutti uguali. Per un insegnante, dal punto di vista affettivo, è senza dubbio vero. Ma chi lavora con i bambini e ragazzi, sa bene che ognuno di loro ha in sé delle risorse uniche, delle potenzialità, in parte innate e in parte costruite attraverso lo scambio sociale e culturale, pronte ad emergere. La vera sfida, difficile, e certamente stimolante, in una classe, non è, quindi, rendere tutti uguali, ma lavorare con le differenze, attraverso un modello di inclusione. La scuola rappresenta il contesto centrale di riferimento, all’interno del quale poter sostenere e valorizzare le potenzialità di ciascuno.

  • irene |

    è possibile che inviate questo articolo alla mail della scuola primaria di borgo san dalmazzo’

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