Davvero noi donne abbiamo bisogno di una legge per i dolori mestruali?

Tokyo's Last-Train-Home Culture Under Fire As Abe Backs WomenTre giorni al mese di assenza “protetta” garantiti ad ogni donna in caso di dismenorrea: forti dolori mestruali di cui sembra che soffra dal 60 al 90% della popolazione femminile in età fertile. E’ la proposta di legge 3781, formulata ad agosto del 2016 da quattro deputate PD e che si sta dibattendo in questi giorni alla Camera. Una proposta che dovrebbe allarmarci, e non poco: si tratta infatti di una misura portata avanti da pochissimi Paesi nel mondo, che lo fanno in modo apertamente paternalistico, e che rischia di rendere ancora più debole la posizione negoziale delle donne rispetto all’occupazione, sia in termini economici (36 giorni di assenza all’anno) che personali (si rinforza lo stereotipo che le donne “in quei giorni lì” siano emotivamente instabili o inaffidabili).

Una proposta debole nelle premesse.
La proposta di legge si fa forte del precedente della Coexist: un’azienda inglese che ha varato questa policy nel 2016, che risulta però avere solo 32 dipendenti. La Coexist è l’unico caso noto nel Regno Unito, mentre hanno una policy simile alcune multinazionali, come Nike .

donna-orientaleLa proposta cita poi alcuni Paesi dell’estremo oriente dove il permesso mestruale viene visto come una forma di protezione della natalità, quindi, come commenta l’Atlantic, si privilegia una visione della donna come portatrice di nascite a quella di una donna lavoratrice economicamente indipendente e produttiva. Ed ecco i Paesi:

  1. Giappone: dal 1942 esiste il seirikyuuka, che significa letteralmente “congedo psicologico”;
  2. Sud Corea (1 giorno al mese): l’esperimento di estendere questo diritto alle studentesse universitarie è stato un fallimento e successivamente questa politica è stata attaccata dagli attivisti dei diritti degli uomini come “discriminazione al contrario”;
  3. Taiwan: 3 giorni all’anno;
  4. Indonesia la legge è del 1948: qui il datore di lavoro può arrivare a chiedere alle donne di mostrare la biancheria intima sporca a riprova del verificarsi del ciclo.

Nessuno di questi Paesi è un caso di successo: nè in termini di occupazione femminile né per le pari opportunità. Nei fatti, in alcuni di questi Paesi l’introduzione di questa legge è stata utile per emancipare le donne e consentire loro di parlare più apertamente dei propri corpi, problema che in Italia per fortuna non abbiamo (ancora).

Una legge dannosa negli effetti: culturali e occupazionali
Un congedo mestruale alimenterebbe inoltre la percezione – o quanto meno consentirebbe a molti di ribadire – che per alcuni giorni al mese, tutti i mesi, le donne siano psicologicamente più labili, meno produttive e meno razionali. Siamo scappate da questa trappola, che a causa dei nostri sbalzi ormonali ci escludeva da alcune professioni di rilievo, solo pochi decenni fa!
Un esempio concreto: la proposta di legge è stata presentata anche in Russia, in questi termini: “Durante questi periodi del mese, la maggior parte delle donne sperimenta disagio psicologico e fisiologico. Il dolore è spesso così intenso da richiedere un’ambulanza. Il forte dolore induce grande fatica, riduce la memoria e la competenza di lavoro e porta ad espressioni colorite di disagio emozionale”. Non stupisce che la legge in Russia non sia passata e sia stata pesantemente condannata dai movimenti femministi del Paese.

PS: infine, se è del dolore che ci stiamo preoccupando, ricordiamoci che in Italia l’epidurale è ben lontana dall’essere garantita a tutte le donne. Ben lontana!

  • Anita |

    Io muoio una volta al mese e ho implorato ai ginecologi di togliermi l’utero per avere pace. Lavori da casa perché non riuscirei a lavorare fuori casa durante questo maledetto periodo. Sono un’invalida non riconosciuta, per non parlare della grossa quantità di ferro che devo prendere sennò muoio per mancanza di ossigenazione nel corpo. La Pillola mi fa malissimo e nemmeno quella mi può aiutare, insomma una condanna

  • Hillary |

    Da ciò che lei ha scritto si deduce una grande incomprensione riguardo al problema e una poca emaptia verso coloro che, come me, soffrono di dismenorrea. Voglio ricordarle che i diritti, perché di questo si sta parlando, possono essere di due tipi: 1- dal basso verso l’alto, ovvero un bisogno del popolo viene poi trasformato in legge.
    2- dall’alto verso il basso, dunque il diritto viene prima definito in legge e poi viene accettato dalla collettività.
    Detto ciò, il diritto al congedo mestruale è un diritto che rientra nel secondo gruppo ma non per questo ha meno valore degli altri che rientrano nel primo gruppo.
    Per quanto riguarda la sua finta preoccupazione a proposito di ciò che le persone possono pensare di tale legge, le voglio ricordare che ci sono state, ci sono e ci saranno sempre moltissime motivazioni per non dare diritti alle donne – o non dare diritti a chiunque non sia un uomo, bianco, ricco e sano – ma non per questo non sono diritti sacro santi.
    In ultimo, prende d’esempio Stati nei quali vi è un fantomatico congedo mestruale, peccato solo che la proposta di legge in Italia non abbia nulla a che fare con le norme di questi Paesi, dunque la sua opinione risulta paragonabile a tutte le motivazioni senza fondamento volte solo a non concedere diritti.
    P.S il suo esempio sull’epidurale è decisamente fuori luogo e non rafforza la sua tesi.

  • Fabrizio Maio |

    Speriamo invece che passi questa legge, finalmente qualcuno si sta interessando ad una patologia terribile ed invalidante quale l’endometriosi.
    La dismenorrea che questa malattia spesso comporta è invalidante e non c’è proprio nulla di discriminatorio nel poter fruire di pochi giorni al mese quando i dolori sono talmente mostruosi da non potersi nemmeno alzare dal letto.
    Inoltre vi sono donne donne che, pur non soffrendo per loro fortuna di endo, soffrono comunque di dismenorrea, e i dolori del ciclo sono davvero invalidanti, trattandosi appunto di coliche addominali fortissime, paragonabili a pochi altri dolori così devastanti.
    Una donna che soffre di dismenorrea non si diverte a stare a casa dal lavoro, anzi, piuttosto che patire le pene dell’inferno per tutti mesi della sua vita fino all’agognata menopausa -che spesso viene vista davvero come l’unica soluzione liberatoria- preferirebbe andare a lavorare anche mille ore al giorno, perché vorrebbe dire che sta bene! Come le altre donne che, per loro fortuna, non hanno mai minimamente provato cosa significhi la portata di simili lancinanti dolori per ogni santo mese della vita.
    La dismenorrea, e ancor più l’endo, si portano dietro inoltre effetti collaterali quali perenne anemia che ti priva di ogni forza ed energia per il resto del mese, e molto altro ancora, che solo chi ha provato conosce bene sfortunatamente.
    Non dimentichiamo inoltre che spessissimo gli antidolorifici non fanno assolutamente nulla, hai voglia ad anni di Buscopan, Toradol, e quant’altro, acqua fresca!!!!

    Qui di discriminatorio non c’è nulla, anzi! Finalmente un passo avanti verso la civiltà.

    Quindi assolutamente ben venga questa legge.

  • Patrizia |

    Sono d’accordo è umiliante, discriminatorio e in violazione della privacy. Se qualcuno sta male esiste la tutela della malattia. Mi auguro che non passi. Il lavoro ha bisogno di ben altri strumenti in Italia e poi si parla sempre e solo del lavoro dipendente. Come professionista e donna che lavora mi sento offesa.

  • silvano |

    Sicuramente è giusto tutelare una parte di quelle donne che hanno patologie particolari, non bisogna generalizzare ed estendere la proposta a tutte altrimenti come sempre se ne approfittano molti piu di quelli che hanno realmente bisogno, penso per esempio a patologie croniche come l endometriosi, di cui molte donne soffrono e devono conviverci per sempre, malattia quasi incurabile che nei giorni del ciclo costringe a stare a letto e mette k.o. molte donne, questo penalizza la loro vita lavorativa fino a perdere il posto di lavoro, oltre che ad essere mal viste nell ambiente di lavoro per l astensione dal suddetto per un tot di giorni al mese.Figuriamoci poi a trovare un nuovo posto di lavoro con un minimo handicap non si è nemmeno considerati di questi tempi. Ringrazio Riccarda Zezza per aver divulgato la notizia e speriamo ci siano aggionamenti in futuro

  Post Precedente
Post Successivo