Giulia Bevilacqua: la donna è l’eccezione alla regola del protagonista maschile. Non solo al cinema e a teatro

giulia-bevilacqua-federica-di-stolfo-6Sono cambiati i tempi, è vero. E sulla scena non ci sono più solo madri o casalinghe. Oggi possiamo interpretare anche le donne in carriera, quelle che studiano, e anche quelle che scelgono che il lavoro conta per loro più della famiglia. Ma protagoniste no. Protagoniste non lo siamo ancora. O raramente.

Siamo più spesso le compagne, le madri, le mogli, le figlie e le sorelle di qualcuno che, guarda caso, è un uomo ed è pure il protagonista della storia. Ancora oggi si scrive, infatti, soprattutto di uomini e per gli uomini. Così, chi fa il mio lavoro si trova spesso nella condizione di interpretare ruoli, anche interessantissimi, che tuttavia nel progetto hanno una parte marginale rispetto alla linea principale del racconto.

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Due partite di Cristina Comencini

Me ne sono accorta di nuovo proprio in questi giorni, recitando nello spettacolo Due Partite di Cristina Comencini, un’opera interpretata e diretta da donne. Un fatto che evidentemente viene ancora percepito come una stranezza visto che spesso i giornalisti ci chiedono stupiti: “Ah ma è uno spettacolo tutto femminile, quindi sarà prettamente per un pubblico femminile?”. Come se il fatto che sia scritto e interpretato da donne lo rendesse meno interessante per gli uomini. O come se fosse impossibile immaginare un pubblico maschile interessato a vedere uno spettacolo in cui di uomini sul palco non c’è nemmeno l’ombra. Eppure a nessuno verrebbe mai in mente di dire: “Ah ci sono quattro uomini in scena che strano! Uno spettacolo tutto al maschile!”. Quando però la protagonista è donna sembra che sia legittimo – se non persino necessario – sottolineare la straordinarietà dell’evento.

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E’ arrivata la felicità

E questo non vale solo per il teatro, la televisione o il cinema. La donna come eccezione alla regola del protagonista maschile si trova in tutti gli ambiti. Penso ad esempio a Samantha Cristoforetti e a tutta l’attenzione che è stata data al suo essere donna, invece che su l’eccezionalità dell’impresa che stava compiendo. Eppure, secondo me, oggi parlare di donne e, nel mio caso, rappresentarle sulla scena, è molto più che il pretesto per una notizia. È la possibilità di raccontare storie che sono sogni, rivoluzioni e anche battaglie. Prima di tutto con se stesse. Perché se è vero che ci siamo lasciate alle spalle lo stereotipo della casalinga, ma è pur vero che oggi siamo vittime di una nuova forma di schiavitù: quella di dover essere contemporaneamente brave mogli, brave madri e brave professioniste. E questo continuo dimostrare di essere capaci di fare tutto ci condanna all’insoddisfazione perenne. Proprio come le protagoniste di Due partite che sono continuamente alla ricerca di equilibrio, di serenità, di pace.

Ce la faranno? Ce la faremo? Non lo so.

So però che la vera forza di noi donne è la capacità di mettersi in discussione e di cambiare continuamente. E in questo, credo, siamo molto più vicini alle nostre madri di quanto vogliamo pensare.

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