Basta compiti! E’ davvero la soluzione più giusta?

img_2540“Basta compiti!”, questo è il grido di protesta sollevato recentemente in Italia, soprattutto attraverso le pagine dei social, da parte di gruppi di genitori. Lo slogan è diventato il nome di un gruppo Facebook,  che ha lo scopo di mettere in evidenza l’inefficacia di un’elevata mole di compiti a casa. Pare, infatti, che i compiti affilggano gli alunni italiani, sin dalla più tenera età, impedendo loro di trovare il tempo sufficiente per svolgere attività ricreative o sportive.

E’ vero che nelle scuole migliori d’Europa (Finlandia e Danimarca), non si assegnano compiti o, al limite, se ne assegnano pochissimi, ma è anche vero che in questi paesi esiste un sistema di istruzione all’avanguardia, in cui la mancanza di compiti a casa viene compensata da moltissime altre attività svolte a scuola, in orario pomeridiano, o addirittura serale. Per definizione, la scuola, fornisce nozioni e, secondo alcuni, da sola dovrebbe assolvere al proprio dovere, lasciando gli alunni, una volta usciti dalla classe, lo spazio per arricchire queste nozioni con l’esperienza e il vissuto personale.

Ma siamo sicuri che la scuola abbia solo questo compito? Trasferire nozioni slegate da qualunque esperienza attiva e partecipata?

Young man assisting his little son with some home work

Nella scuola, esistono anche spazi di vita vera, di esperienze, di comunicazione, socializzazione e crescita personale. Per evitare, dunque, che il problema compiti sia vissuto come una vera e propria “tragedia pomeridiana quotidiana”, occorre ricordare alcuni principi pedagogici, che accorrono in difesa dello studio. Per uscire da ogni crisi, per realizzarsi come persone libere, per costruire il proprio futuro, con costanza e perseveranza, c’è bisogno non solo di passione e stimoli adeguati, ma anche di capacità di impegno, di disciplina, capacità di sopportare la fatica, sia fisica che mentale. Capacità di gestire le frustrazioni, capacità di “resilienza”, quindi. La scuola è un luogo dove vengono acquisite attitudine al lavoro e all’impegno, capacità di collaborazione, rispetto delle norme sociali di comportamento, attitudine all’ascolto e al confronto. La scuola insegna a sopportare e superare le frustrazioni, le sconfitte,i piccoli e grandi fallimenti e  a reagire e lavorare per raggiungere un obiettivo. Se l’istituzione scolastica perdesse le sue funzioni pedagogiche fondamentali, allora, sarebbe sufficiente un corso di istruzione on line, magari seguito dal divano di casa, tra un cartone animato e l’altro.

Lo sforzo della scuola è soprattutto quello di favorire il senso di responsabilità personale e sociale, attraverso la formazione della propria identità e dell’autonomia. In quest’ottica, il compito a casa, diventa un attività necessaria. A scuola è il tempo dell’apprendimento, dell’ascolto, della comprensione, del dibattito, del confronto e dell’incontro con l’insegnante. A casa è il tempo dello spazio per l’approfondimento, per la riflessione autonoma, per il consolidamento del metodo di studio, dell’assunzione di responsabilità. I compiti a casa hanno senso, secondo me, perché mirano a migliorare l’autonomia del bambino, coltivando al tempo stesso, la motivazione e la voglia di sapere. Hanno senso se possono essere svolti esclusivamente dall’alunno, senza un eccessivo supporto del genitore, e in un tempo adeguato. E’ la mancanza di queste caratteristiche a rendere i compiti a casa un fardello privo di senso, un inutile e gravoso impegno.

img_2541Può capitare, infatti, che i compiti assegnati diventino eccessivi e privi di significato, ma, anche in questo caso, quanto può essere utile lo sbandieramento social di una presa di posizione, di una battaglia contro la scuola? Che insegnamento ne può ricavare il bambino? L’atteggiamento più proficuo rimane sempre il dialogo e il confronto motivato, aperto, in modo che l’insegnante possa intervenire in tempo su eventuali situazioni gravose o stressanti per i bambini, su eventuali disagi e difficoltà da parte delle famiglie. Abolire totalmente i compiti sarebbe poco risolutivo, oltre che inutile: suona come un “libera tutti”, che non libera nessuno.  Diversificare le attività, equilibrare il carico di lavoro, motivare sempre il compito assegnato sono criteri imprescindibili per determinare un approccio sereno  la chiave per avere alunni più motivati, e, di conseguenza, più sereni. La serenità e la motivazione diventano le basi per un insegnamento migliore.