Il fondo per le aziende vittime dei mancati pagamenti ha un nome di donna: Serenella, che non ha voluto fallire

“Un’ingiustizia fatta all’individuo è una minaccia fatta a tutta la società”

Charles-Louis de Secondat, barone di Montesquieu

La fine del 2016 ha dato il via libera (con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale del 13 dicembre, numero dei decreti attuativi) al fondo per le imprese vittime di mancati pagamenti. Per tutti il fondo Serenella, dal nome dell’imprenditrice che ha messo nero su bianco la sua battaglia, nel libro “Io non voglio fallire” (con Elisa Cozzarini, Nuovadimensione), e ha costretto la politica a confrontarsi con la realtà di aziende sane, vittime non della crisi economica o della mancanza di commesse, ma del fallimento o del concordato di terzi (reali?) di altri.

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“Non si lotta per difendere i muri e non è nemmeno vero che si vive per l’impresa. Ma quando la stabilità economica viene improvvisamente e fortemente intaccata; quando la stessa identità di chi ha lavorato bene ma non è stato pagato viene associata alle conseguenze e non alle cause; quando si mette in dubbio tutto della persona e non solo dell’imprenditrice, non arrendersi diviene ragione di vita. Quando si hanno dei figli, diviene anche e soprattutto indispensabile dimostrare che si può e si deve sempre andare a testa alta difendendo ciò che è giusto e ciò in cui si crede onestamente”.

sere1La battaglia di Serenella Antoniazzi –  all’inizio isolata, poi forte dell’appoggio trasversale delle forze politiche – ha lasciato un segno un una regione dove il fallimento imprenditoriale è stato spesso vissuto come personale (con il numero più alto di suicidi legati alle difficoltà sul lavoro). Così a finire sotto accusa è stato un sistema complesso, e a finire sotto i riflettori il vissuto di molti imprenditori e imprenditrici del NordEst che non solo hanno dovuto far fronte alla crisi economica, ma anche al fallimento di imprese clienti “che, il giorno dopo aver chiuso, hanno ripreso le attività di prima e come prima, lasciando il fardello dei propri debiti sulle spalle (già fragili) dei creditori. Un modello che parrebbe condannare, in primis, i piccoli artigiani, vittime anche del senso di vergogna e della rassegnazione”, come recita la presentazione dello spettacolo teatrale Rosso, che ha debuttato lo scorso novembre e che è stato ispirato dal libro e dalla storia di Serenella.

Lei, oggi, continua il suo lavoro, fra le quotidiane difficoltà, il forte legame con chi lavora con lei, la speranza.

Al di là delle mie vicende e di tutto quello che ha movimentato “Io non voglio fallire” credo che in tanti avessimo bisogno di un cambiamento, di qualcosa di pulito e onesto. Ci siamo concessi tutti una seconda opportunità per non darla vinta a coloro che preferiscono restare ciechi davanti all’evidenza di cose che non funzionano.

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