Da Ibm a Trenitalia, da Ge a Ubi Banca: la carriera delle donne si costruisce iniziando dalla scuola

15109474_1177520809000314_8358777178719096276_nLe manager e le professioniste di domani? Si formano oggi a scuola, a partire dalle elementari. Ne sono certi i numeri uno di diversi gruppi internazionali e italiani; tecnologici, bancari e industriali. L’occasione del confronto sul tema è stato l’incontro “Competere e crescere con tutti i talenti” organizzato dall’associazione 30% Club Italia, presieduta da Donato Iacovone (amministratore delegato di EY in Italia).

“Abbiamo nominato la prima donna vice presidente nel 1943 e la prima donna nel board degli anni ’50. La nostra è una storia che parte da lontano. Abbiamo programmi interni di valorizzazione dei talenti femminili, rivolti a giovani sotto i trentanni da far crescere nella professione” spiega Enrico Cereda, amministratore di Ibm Italia, che prosegue poi: “Non abbiamo solo programmi interni. Coinvolgiamo anche il nostro network: fino a pochi anni fa, ad esempio, facevamo ricerca e sviluppo nei nostri laboratori, oggi invece coinvolgiamo anche altre aziende per aprire l’ecosistema. Abbiamo lanciato il progetto “Non è roba per donne?” per indirizzare competenze femminili verso le materie più tecniche. Abbiamo, peraltro, un gruppo di 25 volontarie che fanno attività in oltre 200 scuole con 1500 ragazze per colmare il gap in materie tecnologiche”. Ibm è la quarta società per la classifica Forbes fra le migliori per la carriera delle donne con il 30% della forza lavoro e il 27% nel senior management. Inoltre contate una ceo donna, Ginni Rometty, una rarità anche negli Usa. E in Italia il gruppo è anche fra le 13 aziende che hanno aderito al progetto alternanza scuola-lavoro lanciato dal Miur a dimostrazione della convinzione che i talenti vanno coltivati fin dall’età scolare.

Altro gruppo internazionale, sempre del settore tecnologico scientifico è Ge. Anche in questo caso il management ha costituito programmi interni per aumentare i talenti femminili in azienda e farli crescere: “Le aziende dovrebbero essere meritocratiche a prescindere dal genere. In Ge nel 1997 nasce Women’s Network con programmi interni al gruppo dedicati alle donne. Oggi possiamo dire che siamo in una buona situazione anche se a livello europeo siamo ancora sotto al 30% della forza lavoro femminile. C’è ancora molto da fare nella costruzione della pipeline per la promozione futura di donne” spiega Sandro De Poli, ceo di Ge Italia e Israele, aggiungendo: “A indirizzare le ragazze verso materie tecnico scientifiche bisognerebbe iniziare molto prima delle scuole superiori. Al nostro interno, ad esempio, su 2500 dipendenti il 40% sono ingegneri”. Anche grazie alle politiche messe in atto la presenza femminile nelle posizioni di leadership in Ge è oggi pari al 22%, mentre, sul totale della popolazione di Ge Italia (12.500 dipendenti), le donne rappresentano il 17%. Un dato destinato a crescere se si considera che, nel 2016, il 28% delle assunzioni in Italia ha riguardato le donne.

Prevalenza maschile anche per Trenitalia, che è però guidata da un’amministratrice delegata, Barbara Morgante: “Lavoro in un gruppo prevalentemente maschile, anche se questa caratteristica si sta attenuando negli anni. Sono arrivata 18 anni fa come dirigente e c’erano problemi di cultura aziendale. D’altra parte la presenza femminile nelle aree più tecniche è fondamentalmente bassa. Oggi stiamo facendo informazione con il progetto Women in motion, portando nostre donne nelle scuole per fare formazione. Fra i miei 11 riporti diretti oggi tre sono donne, più il direttore dell’Audit, che riporta al presidente”. Ma quanto è complesso cambiare la cultura interna ad un’azienda fatta di stratificazioni di decenni? “E’ complesso cambiare la cultura nelle aree più tecniche come le officine, dove fino a pochi anni fa non c’erano neanche i servizi per le donne e le colleghe potevano trovare difficoltà di integrazione. Ora facciamo anche iniziative destinate ai capi perché le colleghe possano avere più consapevolezza di sè. Capita ancora, infatti, che rispetto a una promozione la donna si tiri indietro come se ci fosse incompatibilità tra lavoro e vita privata. Su questo stiamo lavorando molto, non solo sulle donne ma su tutti i dipendenti” spiega Morante.

Dai trasporti alle banche. Altro settore, quest’ultimo che non brilla per presenze femminili nelle posizioni apicali. Ubi Banca è un po’ un’eccezione, a partire dalla presidente del consiglio di gestione Letizia Moratti. “La nostra banca è una delle più virtuose in quanto a valorizzazione dei talenti femminili, a partire dalla presidente del cdg, Letizia Moratti. Fra i miei primi dieci riporti cinque sono donne e nel cds ci sono 5 donne su 15 membri.Non c’è stata alcuna progettualità. E’ avvenuto per meritocrazia: ci sono persone che si sono distinte. Abbiamo la possibilità sia del parttime sia dello smartworking e questo permette una flessibilità sul lavoro” commenta Victor Massiah, amministratore delegato di Ubi Banca.

Il confronto, che ho avuto modo di moderare, è stata anche l’occasione per 30% Club Italia di presentare il libro bianco con le indicazione su “Cosa può fare un leader per dare spazio al talento femminile”. Un documento da cui partire per gettare le basi di un cambiamento culturale nelle aziende. Cambiamento che dai grandi gruppi, nazionali e internazionali, dovrebbe poi contagiare il tessuto economico del Paese fatto di piccole e medie imprese.