Addio a Umberto Veronesi: uomo libero, laico, di scienza e di ragione.

veronesiSono circa le 21.15 di mercoledì sera, quando le agenzie italiane battono la notizia che diventa immediatamente titolo di tutte le testate online: ”A 91 anni è morto il professor Umberto Veronesi”.

E’ una serata strana, negli USA si sta votando per decidere chi sarà il nuovo presidente. Nessuno ancora immagina lo shock della vittoria di Trump, ma si è tutti un po’ impauriti da quel populismo che avanza. Fino a dove, molti di noi lo scopriranno solo al risveglio di giovedì.

E’ una serata inquieta, e quando arriva la notizia della morte di Umberto Veronesi, è un colpo che ci fa sentire più soli. In un mondo che gira furioso come una nebuolosa senza forma, quella scomparsa riduce ancora di più le certezze che ci siano persone “illuminate” e pacate a cui affidarci. Persone che mettendo a disposizione il proprio genio, studio, ricerca, talento, ragione, la propria vita e che si siano date, senza nemmeno dirselo, il compito di migliorare quella altrui, in tutti i modi possibili.

Eroi liberi e laici. Se mai esistesse questa categoria è lì che si potrebbe collocare il professor Veronesi. E non solo lui, ma anche Margherita Hack, Rita Levi-Montalcini, Dario Fo, Marco Pannella. I nomi che in testa si rincorrono sono questi, e non bastano, ma valgono come esempio. Tutte persone che, ognuna a proprio modo, hanno impegnato la loro vita affinchè quella degli altri fosse migliore, un po’ più libera, più consapevole, più in mano alle scelte e alla responsabilità di ognuno. In una parola più laica, fino all’ultima fondamentale decisione sulla morte.

Quella di Veronesi (come quella della Hack e di molti altri scienziati e intellettuali italiani) è una figura che viene orgogliosamente da lontano, e che facendosi forte solo della conoscenza e della ragione, si inserisce in quel solco lasciato da Bruno, Galileo, Leonardo. In un Paese in fondo cattolico conservatore come il nostro, che spesso urla e si dilania. Dove diritto, fede, scienza e morale hanno coinciso e ancora coincido in un mix che limita di fatto le libertà altrui, Umberto Veronesi ha cercato di spiegare con il ragionamento di una scienza umana, fatta per l’uomo e che dell’uomo si occupa, che solo attraverso la conoscenza del mondo e il rispetto della libertà altrui si possono scrivere quelle regole che rendono, nei fatti, migliore la vita di tutti.

Solo così si può ridurre il male. Un male che il professore conosceva bene, e che aveva poco a che fare con le teodicee dei teologi e dei filosofi. Il male di Veronesi era ed è quello di uno scienziato, di un medico. Un male di carne e vasi sanguigni, di cellule capaci di replicarsi dentro il corpo sempre innocente di molti di noi e che per la sua crudeltà e grandezza, lo aveva addirittura convinto dell’inesistenza di Dio.

Un male che anche con la sua ricerca e le sue innovazioni, attraverso l’AIRC da lui fondata, ha smesso di chiamarsi “incurabile”. Soprattutto per le tante donne che grazie alla quadrantectomia, la sua rivoluzionaria tecnica chirurgica nel trattamento del carcinoma mammario, quando di dimensioni limitate, sono guarite senza subire l’asportazione totale della mammella (come invece accadeva prima delle sue ricerche). Dunque limitando e rivoluzionando l’impatto psicologico-emotivo, oltre che chirurgico, di un intervento così condizionante nella vita di milioni di donne.

Molti oggi gli sono grati e lo chiamano affettuosamente solo “professore” mentre lo salutano. Molti, particolarmente oggi, si sentono più soli e in qualche modo impauriti senza di lui, compreso il sottoscritto.

L’America è lontana, ma il ruggito del populismo, del fanatismo e della xenofobia, è arrivato fino a qui, e in questi giorni si sente ancora più forte. Fa paura, non ci sono altre parole per dirlo. Ma l’unico modo per spegnere e disinnescare la paura, è la conoscenza. Solo così si possono cambiare, trasformare e migliorare le cose: sostituendo la paura con la conoscenza.

Ce lo ha insegnato proprio lei, professore, che con la paura letta negli occhi degli altri, ha avuto a che fare per tutta la vita. Sostituendola spesso con la speranza. Ed è una delle sue eredità più importanti.