Sei un innovatore? Ecco l’offerta di lavoro perfetta che non ti aspetti

“Avrai un impatto delle dimensioni di Google o Amazon – se non di più – ma lavorerai per migliorare la vita delle persone, non per ottimizzare slogan pubblicitari”. Questo è il pitch perfetto che non ho saputo rifutare”.

A parlare è Adam Bonnifield, imprenditore seriale e pluripremiato per le sue startup innovative. Adam è passato dalla Silicon Valley alla Casa Bianca, dove da un anno è “Presidential Innovation Fellow“: un programma ideato dall’amministrazione Obama per portare i migliori talenti a misurarsi con le sfide del governo, con il governo. É grazie a questo squadrone di pionieri dell’innovazione che HealthCare.gov è passato da fallimento tecnologico a modello di servizio pubblico digitale.

Oggi i Presidential Innovation Fellows adattano le tecnologie usati dai siti di incontri per accoppiare due persone alla ricerca di un partner e le rendono utilizzabili per trovare il match giusto fra reduci di guerra e nuovi impieghi che valorizzino le loro competenze; oppure disegnano applicazioni all’avanguardia non per localizzare corse di taxi ma per offrire alle vittime di abuso sessuale servizi di supporto immediati.

Dopo un anno da “burocrate”, Adam confessa: “Prima non vedevo altro che i difetti della burocrazia. Ora so che l’innovazione esiste anche nel pubblico e che dovremmo celebrare anche le virtù del governo: troppo spesso noi innovatori vediamo la burocrazia solo come qualcosa da combattere piuttosto che un partner con cui collaborare.”

Perché, allora, l’offerta perfetta che ha persuaso Adam a diventare un innovatore pubblico seduce così pochi come lui? Da burocrate (io) in conversazione con un innovatore (Adam), ho trovato almeno due ragioni – e azioni.

Primo, i governi devono imparare a “vendersi meglio”. I concorsi pubblici sono raramente presentati come il pitch che Adam ha trovato irrinunciabile. I governi non sono semplici burocrazie, ma le più grandi organizzazioni a più alto impatto sociale al mondo. Basti pensare a quante vite hanno rivoluzionato Internet e il World Wide Web, la sanità e i trasporti pubblici.

I burocrati, quindi, non dovrebbero essere indentificati e identificarsi come semplici funzionari in una macchina, ma come imprenditori, inventori e risolutori di sfide sociali. Gli innovatori, dall’altra parte, dovrebbero riconsiderare l’investimento nel pubblico se la loro ambizione è innovare su vasta scala: un’amministrazione pubblica non sarà in grado di pagare salari over the top, ma offre l’opportunità di avere impatto sulla vita di milioni di persone.

Secondo, i governi dovrebbero offrire sfide, piuttosto che reclutare per posizioni. Ad esempio, “Come potremmo migliorare la prevenzione di malattie non trasmissibili?” Lanciare competizioni per risolvere problemi ad alto impatto attrarrebbe più innovatori ad un settore pubblico che privilegia ruoli e progettualità.

Semplici cambiamenti come quelli proposti sopra apporterebbero miglioramenti strutturali ai governi. Creerebbero team innovativi nel cuore delle amministrazioni, modernizzandone culture e processi. Stabilirebbero legami solidi tra il governo e la comunità degli innovatori, creando una filiera di talento e competenze che sarà necessaria alle burocrazie per fronteggiare sfide in cambiamento. Infine, confuterebbero il falso mito che le burocrazie sono un cimitero dell’innovazione, sfidando gli innovatori ad essere parte del servizio pubblico per renderlo più efficace ed efficiente.

Il pubblico può essere il paradiso che gli innovatori non si aspettano. È ora che i governi realizzino di avere il pitch perfetto per invitare una squadra di “triatleti della tecnologia” nei corridoi della burocrazia.