Un secondo. L’importanza di chiamarsi Luigi

Mi chiamo Luigi, ho 30 anni e faccio… oggesù, cos’è che faccio, aspetta, che se dico politico poi il capo mi spella vivo, se dico militante la stampa rossa e schierata con quelli o quegli altri (meno L) dice che siamo l’esercito di Peppe, allora dico che sono un membro del movimento. Eh, ma mica sono un membro semplice, io, e poi membro del movimento, e che è? Un film di Siffredi? Aspetta, aspetta, potrei dire che sono membro del Direttorio, ma signore mio, Direttorio fa tanto ventennio, anche se noi pensiamo a quello della Rivoluzione Francese che, prima di tutto, tagliava le teste dei poteri forti.

E se dico che sono il vicepresidente della Camera, il più giovane della storia? Fa tanto prima Repubblica, quasi come i distinguo tra avviso di garanzia e iscrizione nel registro degli indagati, e poi sembra pure che me la tiro… Allora dico che sono il prossimo candidato a Premier per il primo partito del paese? Eh ma noi non siamo un partito, poi vuoi vedere che porta pure male? Che la scaramanzia non esiste, ma perché sfidare la sorte?

Niente, mi tocca lanciare un sondaggio in Rete, ma se poi salta fuori che vogliono che mi definisca, che so, alfiere del reggente, che mi ricordo ancora com’è andata a finire con il Presidente della Repubblica, come la mettiamo? Mica si può disattendere la volontà popolare così, che per fare lo streaming quando ci pare stiamo facendo i salti mortali, fossero anche 189 voti, che poi sono quelli che ho preso io alla “parlamentarie” del movimento per essere candidato, e pensare che due anni prima ne avevo presi solo 59 tra i miei concittadini che non mi avevano voluto come consigliere comunale. Mi sa che non mi resta altro che chiedere a Peppe, che se ci fosse ancora Gianroberto, almeno… invece così rischio il vaffa, che magari è ancora in vacanza.

Ecco, ci sono! Sono Luigi, ho trent’anni e ho letto male una mail di Paola Taverna. Fatta. Poi, sapete quante ne ricevo, tra mail, sms, WhatsApp e messenger? A chi non capita di non leggere qualcosa che dovess… che dovrei… che dovrebbe, ecco, che se no Dibba mi guarda male come a Nettuno, che poi che vuole? Quello che ha fatto il classico sono io, mica lui, e ho anche cominciato ingegneria, e poi anche giurisprudenza, è vero che non le ho finite, ma c’avevo da badare a studentigiurisprudenza.it, mica potevo star dietro a tutto. Poi alla Taverna ho anche risposto, ma che vuol dire? E’ dovere di ogni politico, ah no, aspe’… è il dovere di ogni cittadino, ma neanche, diciamo che è il dovere di ogni personcina educata rispondere, e guardate che io l’ho sempre pensata, anche prima di diventare quello che sono.

Ecco, un secondo e ci siamo, anche se mi son giocato tutto l’articolo per l’incipit, mannaggia, che ce ne avevo di cose da dire. Mi chiamo Luigi, ho trent’anni, e ho letto male una mail!!!!

dimaio

***

Un secondo. Quanto dura un secondo? Così poco che per scrivere queste poche parole ne ho impiegati una decina. Però non tutti i secondi sono uguali. Alcuni hanno il potere di dilatarsi sino a segnare l’avvenire. Il secondo in cui abbiamo chiuso gli occhi per il nostro primo bacio, quello in cui sono venuti al mondo i nostri figli, quello in cui abbiamo salutato per sempre una persona cara. Questi ce li ricordiamo tutti. Ma il secondo precedente cos’è successo? Quale tumulto agitava le nostre menti e i nostri cuori? Ecco, le storie della domenica racconteranno questi “secondi prima” dei secondi eterni, quelli in cui gli occhi stavamo per chiuderli, le mani per lasciarle o prenderle. Momenti veri o immaginari, vissuti da personaggi più o meno pubblici o ignoti o anche solo da me (ogni autore è narcisista).  Perché forse ce li siamo scordati, eppure non sono mai andati via. Quali sono i “Secondi Prima” dei secondi che hanno cambiato la vostra vita? Raccontateli a giulianopasini@gmail.com e, se vorrete, diventeranno storie.