Chi lo bandisce e chi lo adotta: l’hijab entra a far parte della divisa della polizia scozzese

hijabLa polizia scozzese adotta l’hijab fra le opzioni della propria divisa ufficiale. Mentre in Francia continua il braccio di ferro fra i primi cittadini di alcune città costiere che hanno vietato in spiaggia il burkini e la Consiglio di Stato, che ha bocciato quel divieto, in Scozzia l’integrazione fa un passo avanti grazie alle forze dell’ordine.

La Police Scotland ha annunciato la novità sottolineando, infatti, che l’obiettivo è quello di incoraggiare le donne della comunità musulmana, che finora probabilmente non avevano preso in considerazione l’opzione di entrare nel corpo di polizia anche in ragione della divisa richiesta.

hijab2L’hijab, perarltro, non è una novità assoluta nei corpi di polizia scozzesi. La polizia metropolitana, infatti, prevede l’opzione hijab già dal 2001. Il capo della Police Scotland ha sottolineato all’annuncio che “come molti altri datori di lavoro, soprattutto nel settore pubblico, anche noi stiamo lavorando per assicurare al nostro interno una rappresentanza della comunità che serviamo. Mi auguro che questa ulteriore opzione per la nostra divisa possa contribuire a rendere il nostro staff maggiormente diversificato e possa portare nuove skills, esperienze e qualità personali all’interno dei nostri uffici”.

hijab3Altri esempi nel mondo vanno in questa direzione, come nel caso della Royal Canadian Mounted Police, che permette alle donne di poter indossare il copricapo musulmano al posto dell’iconico Stetson, come è stato annunciato la scorsa settimana dalle autorità canadesi. Di questo fine settimana, invece, l’annuncio della Turchia: le poliziotte musulmane potranno indossare lo hijab purché sia dello stesso colore della divisa e a tinta unita.

Intanto, come si diceva all’inizio, in Francia sono almeno 20 i paesi costieri che si rifiutano di cancellare la messa al bando del burkini, nonostante il pronunciamento contro il provvedimento della Consiglio di Stato, secondo la quale si tratta di un divieto che è “una seria e manifesta violazione illegale delle libertà fondamentali”. Solo due primi cittadini hanno fatto marcia indietro e cancellato il divieto. Gli altri vanno al braccio di ferro con la massima autorità legislativa del Paese.